sabato 28 settembre 2024

 


Da Bagnacavallo dal 21 al 25 settembre 2024

Quasi un resoconto a mo’ di dialogo

Sabato 21 settembre

Al posto comando avanzato di Traversara di Bagnacavallo.

-          Bene arrivati io sono Bonny e coordinerò gli interventi di Colonna Mobile Lombardia nei prossimi giorni.

-          Noi siamo i volontari di Monza e Brianza, 4 volontari della Avpc Rio Vallone con due mezzi: una autobotte da 6.000 litri con una motopompa a spinta collegabile con una manichetta e lancia ad alta pressione per lavaggio strade e un mezzo polisoccorso che chiamiamo 09.

-          Bene, due radio: una “Monza botte” e una “Monza2”, per il momento vi mettete in piazza del partigiano per rifornire di acqua i moduli AIB di Lombardia che ne avranno bisogno, io sono “PCA Lombardia” (PCAL)e quando mi sposto “mobile1”.

-          Avete per caso un generatore da prestarci? Perché non abbiamo ancora la corrente e il nostro non regge la idropulitrice.

-          Certo ma vi lascio il n di cell., appena avete finito ci chiamate e veniamo a riprenderlo.

-          Monza 2 avete una motosega?

-          Affermativo.

-          Bisogna ridurre un albero che è stato trasportato nel giardino di una villetta in fianco a dove siete voi e poi portare in strada tutto il materiale che l’alluvione ha depositato dietro la casa in modo che poi il “ragno” possa caricarla.

-          Copiato.

-          Te, hai fatto un bel lavoro qui sul cortiletto d’ingresso, se ti porto fuori le porte me le lavi?

-          Certo.

-          Ma da che parte della Lombardia venite? Non avete il nome del comune sui mezzi.

-          Provincia di Monza, paesini vicino a Vimercate, ma forse il paese più vicino che conosce. è Arcore.

-          Come no, il nostro caro Silvio, ma vi ha lasciato qualche olgettina in eredità?

-          Niente, niente

-          PCAL lavoro eseguito se passi vedi se va bene così.

-          Ok arrivo e vorrei farvi vedere un possibile intervento per domani, andiamo insieme per un sopralluogo.

-          Potreste piazzare la botte in fondo a via Traversara, continuare e rifornire i moduli e intanto ripulire i magazzini del “Vecchio forno”.

-          Ok però il cortile è ancora pieno di fango argilloso e molle, se scarichiamo altro fango lì ritorna indietro, ci serve che prima una pala ci liberi un po’ il cortile.

-          Non avete ancora un bobcat sul vostro 09?  😊

-          Sì, ce l’avevamo in sede ma sul Ducato è difficile farcelo stare. 😊 Poi il fango sarà circa 10 metri cubi da spalare a mano prima di cominciare a pulire, ci vorrà un po’ di tempo e spazio per metterlo.

-          Ok vi mando la minipala degli alpini al mattino e un po’ di volontari (in questo caso intesi come i cosiddetti “angeli del fango”) da utilizzare.

Domenica 22 settembre

-          Stanotte è stato tremendo, in 50 nella palestra, un concerto! Adesso due soli lavandini devo prendere il numerino per farmi la barba.

-          Modernizzati prenditi un rasoio a pile. Ma il gallo che ha cominciato a cantare alle 4?

-          È quello del vicino museo etnografico, anche se in un museo ci sta bene anche un gallo impagliato invece di uno vivo. Sentendo le imprecazioni di stamattina mi sa che prima della fine rischia.

-          Dovresti liberarci un po’ il cortile dal fango con la pala, stai attento al buco sulla sinistra che gli hanno appena risistemato l’allacciamento dell’acqua potabile.

-          È qui che ci hanno detto che c’è da spalare merda? Noi ci siamo, abbiamo le pale e i badili.

-          Dai all’opera allora che siamo quasi a metà e poi da dietro con la lancia cominciamo a lavare.

-          Sì, però si ferma di nuovo tutto il fango all’ingresso, ci vuole un mezzo per spostarlo

-          Provo un po’ con il badile a spostarlo.

-          Attento Fra che in quel punto c’era un buco che ora è stato coperto dal fango e non si vede.

-          Troppo tardi! CAVOLO LA RADIO! Menomale che non devo riconsegnarla a Nicola. Però funziona ancora.

-          Bona dai, abbiamo spalato tutto, noi andiamo da un’altra parte

-          Sì “ciccio” ma quella pala li è nostra, se cela porti via non riusciamo più a lavorare.

-          Ah, sì scusa non ho guardato, ho solo contato il numero.

-          Cosa facciamo, abbiamo pulito il magazzino gli puliamo anche la casa?

-          Con la lancia?

-          E, è tutta mattina che con la loro idropulitrice hanno fatto un locale, sti poveri cristi hanno comprato la casa e arredata di nuovo a marzo, hanno detto che sembrava un affare!

-          Antò! E piglia in mano sto tiraacqua che la protezione civile ci ha tolto il fango.

-          Dai proviamo con la lancia a pulire anche il pianoterra della casa.

-          Ma voi vi siete rifugiati al primo piano?

-          No, ci hanno evacuati il giorno prima, ho fatto in tempo a fare le valige per i vestiti, ma poi i mobili non c’era tempo per spostarli. Li ho persi tutti.

-          Ok dai, pulito anche questo, a turno, mentre stiamo qui a fare rifornimento ai moduli, andiamo a dare un occhio alla via di fronte, la “zona rossa”.

-          Hai visto che roba! Lo squarcio dell’argine, le case che stanno di fronte alla rottura mezze distrutte, quando ero lì che cercavo di capire qualche dettaglio tecnico delle costruzioni è arrivato il proprietario. Mi ha detto semplicemente “era casa mia”.

-          Chiama Bonny che l’intervento al vecchio forno è finito.

-          Ok ottimo lavoro se si pensa come era messo stamattina.

Lunedì 23 settembre

-          Colazione alla Casa del Popolo, pranzo nei locali della parrocchia sembra di essere tornati ai tempi di Don Camillo e Peppone. Dai dai andiamo a fare la colazione dai comunisti.

-          Tranquillo che ormai sei grande e grosso non ti mangiano più, preferiscono i bambini.

-          Quanto dobbiamo per la colazione?

-          Nulla, è passato il sindaco ha detto che la colazione ai volontari della Lombardia la paga il comune, devo solo prendere il numero

-          Grazie

-          Ma grazie a voi per tutto quello che fate.

-          Ok cominciate a pulire con la botte la via Traversa Dirani, poi una parte della piazzetta partigiano e magari la via partigiano se finiscono il movimento terra.

-          Quello che si riesce a fare perché il movimento mezzi continua.

-          Intanto continuiamo a rifornire i moduli che fanno i cortiletti, entro stamattina arriveranno anche i “track” da Como per accelerare i movimenti terra.

-          Monza botte dovremmo organizzare un punto lavaggio mezzi perché il fango intasa i cingoli e le parti oleodinamiche, lo organizziamo al cimitero, anche se lì c’è già una “kilolitrica” da 30.000 litri della “Idroambiente” che quella che fa la gestione della rete idrica dei comuni qui della zona.

-          Scusi, potrebbe spostare un po’ il suo mezzo così riesco ad organizzare anche il punto lavaggio mezzi che ci hanno chiesto di fare nell’angolo del parcheggio.

-          No, io non mi posso spostare, devo rifornire i VVF e i mezzi di Emilia-Romagna.

-          Solo un piccolo spostamento, per starci tutte e due, altrimenti non riesco a sfruttare a pieno la potenza dell’alta pressione.

-          No, io non mi posso spostare.

-          Minchia che stronzo, va be organizziamoci.

-          Oh! Sta finendo l’acqua nella botte, se dobbiamo andare a fare un altro pieno finiamo col buio il lavaggio mezzi, potremmo chiedergli un rifornimento al “simpatico” qui di fianco.

-          Dopo la discussione di prima io non glielo chiedo, vai tu che sei più diplomatico.

-          Ce la dà, ma ha detto che se non la consumiamo tutta potremmo dargliela indietro.

-          Ok sai perché? Facciamo rifornimento allo stesso idrante, loro caricano la cisterna da 30.000 litri con una manichetta da 45 ti rendi conto di quanto tempo ci vuole? Dicono che quello è l’unico modo di riempimento che hanno.

-          Insomma, anche stasera siamo gli ultimi ad andare via. Poi doccia, cena e il briefing per il lavoro di domani alle 21,30 in piazza del comune non so se facciamo in tempo.

-          Sono la funzionaria di Regione Lombardia, facciamo il punto della situazione qui sulla gradinata del monumento.

-          Grazie ragazzi per tutto quello che state facendo (un cittadino che passa).

-          Grazie, grazie ma paga da bere 😊.

-          Offro io dopo, è la mia prima esperienza da funzionario con il volontariato di Lombardia e siete fantastici proprio così come si dice in giro.

Martedì 24 settembre

-          Monza 2 ce l’hai un flessibile?

-          Affermativo.

-          Ci troviamo in piazzetta partigiani che ti faccio vedere un lavoro. Dovremmo liberare il parchetto da tutte queste macerie portate dall’alluvione, un intrico di lamiere coibentate della copertura di qualche edificio incastrate con alberi, ramaglie e altro ben di Dio

-          Ok mi organizzo piazzo il generatore per il flessibile, porto qui anche la motosega e cerchiamo di capire da dove cominciare, poi quando ho fatto un po’ a pezzi mi mandi il ragno per caricarli.

-          Monza botte ho bisogno il lavaggio del piazzaletto del CRAI, di un pezzo della via dei Carabinieri e di tutto il piazzale davanti alla chiesa dove spostiamo tutti i PCA: Emilia-Romagna, Lombardia e VV.F.

-          E poi? Se devo continuare a rifornire anche i moduli non ce la faccio, devo fare troppi riempimenti.

-          Ci siamo messi d’accordo con “Idroambiente” e rifornisce anche i mezzi di Lombardia.

-          Hai visto? Finalmente sono arrivati i bagni nell’area operativa, invece chissà come e cosa si mangerà per pranzo.

-          Si può sempre fare un salto alla “tenda rossa” sono tutte contente di darci da mangiare.

Mercoledì 25 settembre

-          Comunico che l’operatività della colonna mobile Lombardia termina il suo intervento questa sera, abbiamo fatto un ottimo lavoro, magari non riusciremo a concludere tutto quello che ci eravamo prefissati, ma stasera si finisce e domani mattina si parte.

-          Allora, Monza botte si concentra sul lavaggio di via e piazzetta partigiano, Monza 2 ho bisogno di ridurre un pino secolare trasportato dall’alluvione in zona rossa, ti do in appoggio Milano.

-          Ok lavoriamo su zone diverse se no, ci interferiamo

-          Il problema di questo albero è che se tagliamo i grossi rami che lo tengono sollevato da terra il resto del tronco potrebbe girare da non so quale parte.

-          Cominciate a ridurlo un po’ poi mando i mezzi.

-          Per il lavaggio, ci vorrebbe che almeno i mezzi dei volontari facessero attenzione a passare dove non è stato lavato se no continuiamo a lavare le stesse zone.

-          Adesso l’Unimog di Lumezzane ha finito di fare il trasporto terra e monta il modulo da 3000 litri e sarete più efficaci in due, cominciate dallo snodo via Traversara via Torri e poi per sera dobbiamo avere tutto il parcheggio partigiano lavato.

-          Certo che in due 25 ad alta pressione è tutta un’altra cosa.

-          Cavolo mi si è rotta la motopompa che alimenta l’alta pressione che ho sul Unimog, adesso come facciamo?

-          Senti, ti attacchi con una riduzione ad una delle uscite della botte e continuiamo in due, dovrò fare più riempimenti.

-          Ragazzi ho fatto una cazzata è arrivato un tizio che mi ha detto che i VV.F. non l’avrebbero fatto entrare in casa sua in zona rossa senza caschetto, lui non ce l’aveva e gli hanno detto di provare alla protezione civile (perché chissà cosa sono loro), insomma gli ho dato uno dei caschetti di scorta che abbiamo su 09 dicendo poi di riportarmelo. Mi sa che abbiamo perso un caschetto.

-          Ma quanti riempimenti stiamo facendo della botte? È che bisogna passare per forza dalla zona rossa sulla via dove stanno operando tutti i mezzi pesanti da cantiere per la ricostruzione dell’argine, se poi, come quello lì che distribuisce i pasti alla popolazione, si mette sull’altro lato della strada non passa più nessuno.

-          Non potresti metterti anche tu sul lato dei mezzi pesanti almeno si può passare e continuare a lavorare senza perdere troppo tempo.

-          C’hai ragione anche tu, ma noi siamo romagnoli non capiamo un cazzo, devi prenderci così, siamo mica efficienti come la Lombardia.

-          Abbiamo un po’ di fretta domani partiamo e volevamo terminare almeno quello cominciato.

-          Tieni un pacchetto di biscotti.

-          Ma no dai, dalli alla popolazione che stai assistendo

-          Scolta me, prendi un pacchetto di biscotti che fanno bene anche te.

-          Unimog Lumezzane ormai sono le 19,30 il piazzale è tutto pulito, puliamo anche i nostri mezzi e poi che si fa per la cena? Stasera non è coperta dobbiamo arrangiarci

-          Ci sono due cittadini che ci accompagnerebbero in una trattoria locale alla buona “romagnola autentica”

-          Cosa volete “ragazuoli”? Ho detto a mia figlia di venire a servivi lei che ci sono qui dei bei fusti ma si vergogna. Guardate però che dalla lista non mi è rimasto tutto.

-         
Bella serata, ora pernottamento con concerto di trombe, gallo dalle 4 e poi partenza per il rientro.















 

















lunedì 12 agosto 2024

Della scuola, della libertà e dei regimi

 

Note a margine 1

Della scuola, della libertà e dei regimi


Il 3 agosto durante un giro turistico bellissimo nella Valle del Reno con i compagni di viaggio ci siamo fermati a visitare l’Ordensburg Volgelsang Uno dei tre centri di formazione progettati dai nazisti. Questo è stato costruito nel 1934 come luogo di selezione e istruzione per futuri dirigenti del partito. La struttura non è mai stata terminata completamente, ma viste le dimensioni poteva ospitare qualche centinaio di studenti. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale parecchi di questi studenti furono subito utilizzati nel conflitto, sembra soprattutto sul fronte orientale con ruoli importanti e alcuni si resero colpevoli anche di atrocità verso le popolazioni. La loro formazione prevedeva l’esaltazione della razza ariana e il disprezzo per tutti gli altri popoli.

Il centro fu occupato dalle forze americane che non trovarono alcuna opposizione nel 1945 e mitragliarono e distrussero diversi simboli nazisti presenti, se ne possono vedere le tracce sul monumento del tedoforo che era stato trasportato qui dopo le Olimpiadi di Berlino del 1936. Fino al 2005 rimase una struttura militare prima americana e poi dei soldati belgi dopo di che è iniziato un recupero degli edifici che lo hanno trasformato in un centro studi sull’ideologia nazista.

Esiste una mostra permanente che analizza alcuni aspetti degli studenti che erano stati selezionati e le attività che vi si svolgevano. Alcuni titoli dei pannelli: il desiderio di ascesa sociale, il fascino dell’obbedienza e della vita quotidiana organizzata dall’alto, lo studio e l’attività fisica, il culto della virilità, l’uomo nuovo sano, il limite della trasgressione e della violenza. I pannelli hanno didascalie solo in tedesco che lasciano un po’ l’impressione che si voglia far intendere che questa sia una questione loro. Una sintetica brochure è disponibile in tedesco, inglese e francese

Il centro si occupa di continuare a raccogliere documentazione e organizzare seminari di studio sull’ideologia nazista non tanto analizzando gli effetti sulle vittime ma invece puntando sulle caratteristiche degli aderenti al nazismo. È questo, sembra, un nuovo filone di ricerca storico-sociale a partire dalla constatazione della “banalità del male”, oppure si pensi al recente film “La zona d’interesse”. Qui invece si percepisce che “il male” era organizzato e i “quadri dirigenti” istruiti e formati per eseguirlo senza ripensamenti.

Gli edifici sono anche in parte utilizzati come centro informativo ed espositivo per il Parco Nazionale Eifel entro cui la struttura ora si trova.

La visita pone comunque una serie di inquietudini e questioni.

La prima riguarda l’istruzione e vi trovo qui una ulteriore smentita dell’asserzione che l’innalzamento del livello di istruzione porta automaticamente a una maggiore libertà nelle persone e nella società.

Tutti i regimi dittatoriali del Novecento si sono preoccupati di gestire direttamente le modalità e i contenuti della formazione degli studenti. Questa attività assieme all’uso della propaganda era funzionale alla creazione del consenso della popolazione verso l’unica verità che era quella proclamata dal regime. Non solo il livello popolare di massa è stato coinvolto in questa operazione, ma anche diversi esponenti della “cultura alta” aderiscono convintamente ai contenuti dell’ideologia nazista, non solo per opportunismo, si pensi da Heidegger, Carl Smith, il premio Nobel per la letteratura del 1920 Hansun, Lorenz, Evola, Eliade, Eliot, tra i più citati. La cultura di per sé non ha messo al riparo da adesione a ragionamenti e comportamenti razzisti e di sostegno al genocidio.

Mi sentirei di fare un distinguo per l’adesione al fascismo in Italia, al di là degli opportunisti, oppure dei più organici come Gentile, Marinetti, D’Annunzio e Piacentini, ci fu una adesione particolare al fascismo delle origini, alla dimensione rivoluzionaria antiaccademica che rappresentava; penso soprattutto agli architetti razionalisti Persico, Pagano, Terragni, Banfi, Belgioioso che finirono poi per essere vittime direttamente o indirettamente proprio del fascismo e del nazismo.

La cultura e l’istruzione di per sé non favoriscono automaticamente una maggiore libertà o capacità critica nella popolazione, dipende da come è gestita.

Qualche dubbio in merito mi viene anche ad uno sguardo sulle società “libere e democratiche” occidentali. Quanta responsabilità ha la scuola statale occidentale sul fenomeno evidenziato da Pasolini in merito alla “omologazione culturale”? Oppure sulla diffusione di un pensiero irrazionale e antiscientifico, al ritorno ai concetti razzisti, di violenza gratuita. Non mi sembra che siano solo pensieri pessimisti di chi sta invecchiando.

Non dico che bisognerebbe “descolarizzare la società” come diceva Illich, ma probabilmente de-istituzionalizzare la scuola sì.

Una seconda riflessione riguarda l’architettura di questa “edilizia scolastica”. La visita degli interni è possibile solo se guidata in tedesco o in inglese, ma si può visitare liberamente dall’esterno tutto il complesso degli edifici dei dormitori, della mensa, delle aule, della sala cinematografica e delle attrezzature sportive, nonché gli edifici di servizio come un sanatorio e gli edifici per il personale di servizio.

L’insieme è un complesso molto funzionale, organizzato ben distribuito sul versante della collina, con gli edifici affacciati al paesaggio a sfruttare l’illuminazione naturale e l’esposizione solare, il tutto però rivestito di una pietra calcarea grigio scura che intristisce e incupisce ulteriormente l’insieme. Ne risulta una specie di razionalismo rivestito di “vernacolare” richiamo al medioevo. Il lavoro di recupero ha inserito delle cornici significative di un verde vivo su alcuni ingressi principali e su alcune aperture a contrastare la tetraggine degli edifici esistenti. Mi viene da fare il confronto con la Bauhaus di Gropius costruita a Dessau qualche anno prima, intonaci bianchi, grandi vetrate, volumi che si liberano nello spazio, tutta roba che il regime farà chiudere come arte degenerata. Anche l’architettura è in grado di interpretare e rappresentare lo spirito e le idee che la sottendono.

Un’ultima riflessione riguarda il paesaggio. Il complesso si trova ora all’interno del grande Parco Nazionale Eifel. All’origine la collocazione era stata scelta per l’isolamento che permette di eliminare le distrazioni e un maggior controllo sugli studenti, inoltre la collocazione privilegia una vista molto suggestiva sui boschi, i laghi sottostanti la collina in un paesaggio naturalistico primordiale. Nonostante la bellezza del paesaggio, qualche elemento di inquietudine rimane, forse rifacendomi proprio al concetto di paesaggio maturato in questi anni. Nel paesaggio esiste senz’altro la dimensione geografica, naturalistica, socioeconomica, la bellezza che tocca la corda della sensibilità personale. E’ nella interpretazione del paesaggio che ne fa Emilio Sereni nella sua basilare “Storia del paesaggio agrario italiano” che interpreto la mia inquietudine, il paesaggio come “un fare, un farsi, di quelle genti vive: con le loro attività produttive, con le loro forme di vita associata, con le loro lotte, con la lingua …”.

Il paesaggio ha anche una dimensione antropologica e il sublime naturalistico fa i conti con chi ha abitato in questo modo questo paesaggio.

Alla fine della visita un dubbio: ma se avessero lasciato andare in decadenza questa struttura come un brandello della storia terribile del Novecento si sarebbe potuto realizzare un centro studi e documentazione sull’ideologi nazista da qualche altra parte? Senz’altro il centro turistico di accoglienza del Parco Nazionale Eifel si sarebbe potuto fare da un’altra parte.



mercoledì 24 aprile 2024

 

Barbara Kingsolver 4


“LA COLLINA DELLE FARFALLE”

 Il libro è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2012 e in Italia nel 2013.

La protagonista del romanzo si chiama Dellarobbia, sua madre l’ha chiamata così perché pensava fosse un nome biblico, poi troverà che corrisponde al nome di una confezione natalizia e solo molto dopo gli diranno che il suo nome staccato è il cognome di una famiglia di artisti del rinascimento italiano. Dellarobbia ha sposato Burley junior perché a 17 anni era rimasta incinta, anche quando poi abortisce decide di rimanere nella famiglia del marito: i Tunbow proprietari di terreni e di un allevamento di pecore ai piedi dei monti Appalachi meridionali nel Tennessee. Dellarobbia vive un rapporto insoddisfacente col marito, lo vede come un bambino non cresciuto; infatti, tutti lo chiamano Cub come diminutivo di Cubby. Incapace di gestire una famiglia, e succube della madre Hester e del padre Bur (Burley). La coppia ha avuto poi due figli: Preston di cinque anni e Cordie di circa due anni.

Durante un tentativo ipotizzato di fuga dalla famiglia, invaghita di un giovane ragazzo, mentre si reca all’appuntamento in un capanno sui monti nei terreni dei Tunbow si imbatte in un fenomeno anomalo, una enorme nube arancione che avvolge tutta la valle degli abeti. Intimorita e non riuscendo a capire cosa fosse lo strano fenomeno decide di desistere e di ritornare in famiglia. Dellarobbia si rende conto anche che probabilmente la fuga con giovane ragazzo non sarebbe stata comunque la soluzione.

Qualche giorno dopo si scopre che la strana nube in realtà è una grandissima colonia di farfalle monarca che inspiegabilmente e per la prima volta ha occupato l’area. In un contesto di povertà materiale e culturale della profonda provincia americana del fenomeno naturalistico si dà in parte una lettura religiosa (il volere di Dio), dall’altra si prospettano anche qualche possibilità di guadagno per lo sfruttamento turistico del fenomeno. Per Burt diventano un intralcio per il rientro economico dai debiti, pensava infatti di disboscare la collina e vendere il legname.

La notizia arriva ai media alla ricerca del fenomeno che fa notizia, attirando ambientalisti, curiosi e turisti. Arriva anche Ovid Byron, un docente dell’università della California esperto della farfalla monarca. Ovid impianta un laboratorio nelle stalle dei Tunbow e si mette a studiare il fenomeno. All’inizio Dellarobbia sembra trovare interesse nello studioso ma poi il loro rapporto si sposta sul piano di lavoro, anche collaborativo ma soprattutto di confronto culturale.

Ovid spiega che a causa dei cambiamenti climatici le farfalle hanno cambiato le loro abitudini migratorie, scegliendo per lo svernamento una valle che le avrebbe messe in pericolo di estinzione.

Si apre a questo punto del romanzo una serie di riflessioni sui cambiamenti climatici, sulla conoscenza del problema e soprattutto su come questo incide sugli aspetti sociali e quanto conti la formazione culturale.

Riporto ampi stralci del capitolo 11 dove il tema viene fortemente evidenziato. È la parte di un colloquio tra Dellarobbia e Ovid mentre stanno analizzando la moria delle farfalle:

“La farfalla che aveva sulla mano sbatté le ali e Dellarobia la sollevò verso la luce. Si vedeva ogni singolo graffio sulla superficie lucida delle ali, come le lenti di un vecchio paio di occhiali. «Se solo potessero accoppiarsi e deporre le uova» disse. «Non dico di portarle tutte in Florida, magari solo una parte, in modo che superino l'inverno!»

Lui alzò la testa, guardandola negli occhi. «Non è compito mio, Dellarobia».

Dellarobia rifletté sulle sue parole. A chi apparteneva una specie? Esisteva qualche legge in proposito? Si sedette sulla sedia da campo. Il dottor Byron sembrava quasi irritato e si voltò a guardare il fascio di appunti sul tavolino. «Non sono il guardiano dello zoo» disse. «E non sono neppure qui per salvare le monarca. Sto solo cercando di capire».

Dellarobia provò un moto di stizza. «Chi può salvarle, se non voi?» […].

«La salvezza è un problema di coscienza» disse il dottor Byron. «Non riguarda la biologia. La scienza non ci dice quel che dobbiamo fare. Ci dice solo come stanno le cose».

«Forse è per questo che non piace a nessuno» ribatte Dellarobia, sorpresa dalla propria impertinenza.

Anche Ovid pareva stupito. «Come sarebbe?»

«Mi scusi, forse non so quello che dico. Lei mi ha spiegato il cambiamento del clima e le conseguenze pazzesche che può avere. Ma la gente non ci crede, mio marito, quelli che parlano alla radio. Dicono che non ci sono prove a dimostrarlo».

«Le cose che le ho detto, Dellarobia, sono certe e condivise dagli scienziati in tutto il mondo. Non credo che quelli della radio siano uomini di scienza. Perché la gente dovrebbe comprare l'olio di serpente al posto delle medicine?»

«È quello che stavo cercando di dire: voi non siete amati. Forse la vostra medicina è troppo amara. O forse non volete neanche vendercela, perché siete convinti che non possiamo capire. Dovreste cominciare a parlare con i bambini dell'asilo, partire da lì».

«È troppo tardi, mi creda».

«Non lo dica neanche per scherzo, io ho dei bambini piccoli!»

Ovid annuì lentamente. «Non è sempre stato così. Una volta noi scienziati non eravamo tanto antipatici alla gente».

«Lo so, Herbert Hoover è perfino diventato presidente!» L'enciclopedia di Preston si stava rivelando utile.

Ma Ovid non sembrava affatto divertito. «Mi riferivo a tempi più recenti. Quindici anni fa, la gente era a conoscenza del riscaldamento globale, almeno in termini generali. Nei sondaggi, le persone rispondevano cose del tipo: sì, esiste ed è un problema. Conservatori e liberal. Ora invece l'opinione pubblica è spaccata a metà».

«Be', sì, la gente ama distinguersi. Come i bambini in una famiglia. Devono marcare il loro territorio. C'è il cocco dell'insegnante e il monello».

«Per cui da una parte ci sono le persone calme e istruite che credono nel monito della scienza, e dall'altra gli scalmanati che negano il problema?»

Figli e figliastri, insomma. […]

«Io penso che le squadre siano già fatte» disse. «Noi, i campagnoli, portiamo le armi e i trattori e i fagiolini sott'olio, non ci piacciono le moine ma ci curiamo del prossimo. Gli altri indossano vestiti costosi, fanno il riciclaggio e il controllo delle nascite e hanno la vita facile, come i suoi studenti che pretendono il massimo dei voti».

Ovid la guardò stupefatto. «Sta dicendo che si tratta di un conflitto fra aristocratici e plebei?»

Dellarobia ricambiò lo sguardo. «Non mi pare di aver detto niente del genere».

«Ma la sostanza era quella. Però lei sta dimostrando che c'è qualcuno nella vostra squadra capace di rompere le barriere, mentre gli altri auspicano una società retriva che vive nel solco dell'aratro».

«Oh!» fece Dellarobia.

«Non crede che le frontiere di questo piccolo mondo siano già crollate?»

«Forse. Può essere. Be', no. Dipende».

«Cioè?»

«Se è vero quello che dice lei, andrà tutto in vacca comunque. E poi che si fa? Si ricomincia da capo?»

Ovid non fiatò. Dellarobia sapeva di essere stata poco rispettosa, parlando in quel modo. Era come una religione per lui, come un figlio, una cosa che ti tiene sveglio la notte. «Mi scusi» disse. «Il fatto è che l'ambiente appartiene all'altra squadra. La gente come noi non può permettersi certe preoccupazioni, dice mio marito».

Il dottor Byron aggrottò la fronte. «Vuol dire che gli agricoltori non devono preoccuparsi della siccità o delle inondazioni?»

«Pensa davvero che sarebbe diverso se avessimo più informazioni? Per carità, chi è che può scegliere?»

«Le informazioni sono tutto ciò di cui disponiamo». Ovid la guardò negli occhi, cercando di mettersi a nudo, in senso figurato stavolta. «E tutti possono scegliere» disse. «Un uomo può guardare in faccia una verità scomoda o rifuggirla».

Dellarobia scrollò la testa. «Mio marito non è un vigliacco. Una volta ha infilato il braccio nell'imballatrice mentre andava, per sbloccarla. Stava per piovere e bisognava far presto, altrimenti addio raccolto. Se è di avere le palle che stiamo parlando. Lui e i miei suoceri affrontano la cattiva sorte sei giorni su sette, e la domenica vanno a pregare per chi sta peggio».

Il dottor Byron sembrava colpito, anche se probabilmente ignorava che erano in parecchi ad aver lasciato un braccio nell'imballatrice. «Non te la scegli da te la tua parte» continuò Dellarobia. «E una volta che ti sei fatta la nomea della ragazzaccia, te la tieni per sempre. Io sono la bifolca col pick-up? Bene, lasciatemi scorrazzare in santa pace».

Ovid aveva l'aria perplessa. Forse conosceva di più le farfalle che gli esseri umani.

[…]

«Gli esseri umani sono animali sociali» disse lui. «È un dato di fatto, ci siamo evoluti in questo modo. Cogliere i segnali e rimanere all'interno di un gruppo sono doti fondamentali per la sopravvivenza, nella nostra specie. Ma mi piace pensare che noi scienziati siamo gli arbitri. Che possiamo parlare con tutte le parti in causa».

«Forse, può darsi. Ma non lei. Mi ha sempre ripetuto che non vuole coinvolgersi troppo con la comunità, che è qui solo per misurare e contare ... »

Okay, ora però chiudi il becco, si disse Dellarobia.

«Proprio così» disse Ovid. «Se ci impelaghiamo nei dibattiti pubblici, veniamo accusati dai nostri colleghi di essere imprecisi o troppo categorici. Se non addirittura megalomani. Anche parole semplici come "teoria" o "prova" acquistano un significato diverso fuori dal mondo scientifico. E avere un largo seguito può costarci l'etichetta di "studiosi di mezza tacca"».

Dellarobia era stupita: pensava che gli accademici fossero dotati di più buon senso. Anche se essere uno "studioso di mezza tacca" non equivaleva certo a "prostituirsi al nemico".

«Per questo non parla con i giornalisti, vero? Perché è evidente che li evita».

Il dottor Byron esalò un sospiro così lungo che Dellarobia pensò a uno svenimento. «È una strada

insidiosa. Soprattutto per gli ecologisti, come me.

L'ecologia è la scienza che studia le comunità biologiche. L'interazione fra le diverse specie. Non c'entra niente con il riciclo delle lattine. È una scienza sperimentale e teoretica, come la fisica. Ma appena parliamo in pubblico, compaiono gli striscioni».

«Ho avuto modo di rendermene conto» fece Dellarobia.

«Ogni volta che sento qualcuno di quegli smidollati parlare di ambiente, fregiandosi del titolo di "ecologista", mi viene voglia di spaccargli una bilancia Mettler in testa».

«Wow».

«Possiamo essere molto permalosi noi scienziati»”.

Sul finale del capitolo c’è un altro dialogo, divertente, con il signor Akins, un ecologista di città.

Nel romanzo poi si tocca anche il tema del rapporto con i mass media ricavandone un giudizio quasi sempre negativo, dove la voglia di raccontare arriva a storpiare la realtà.

La crisi esistenziale personale a quella globale dell’ambiente forse si supera soltanto con più formazione.

Un romanzo, come gli altri scritto molto bene e che affronta temi di estrema attualità.