mercoledì 25 maggio 2022

 Ricordi belluschesi 15 bis

Le battaglie ecologiste

Se vogliamo stare dentro il discorso di “Ricordi Belluschesi” abbiamo avuto a Bellusco anche la sede di un circolo di Legambiente, è durato due o tre anni dall’1986 all’89 circa poi ognuno dei componenti è stato preso da altri impegni e l’iniziativa si è spenta.

Sono stati anni importanti, con la prima battaglia contro i sacchetti di plastica per la spesa, il referendum sul nucleare e la prime elaborazione della proposta per il “parco Rio Vallone”. 

https://1drv.ms/b/s!AsPvGMHqjI34rUi7VSkI56331NeO?e=1WXc0I 


Tra le iniziative fatte anche un “corso base di ecologia” con la partecipazione di soggetti molto importanti dell’ecologismo nazionale: Laura Conti: direi “la mamma dell’ecologismo italiano”, impegnata come medico sulla vicenda dell’ICMESA di Seveso è tra i fondatori di Legambiente, come Ercole Ferrario a cui ora è intitolato il “Parco Nord Milano”, Giorgio Shultz passato poi al Partito Umanista e al pacifismo e Alfredo Viganò urbanista calato nella gestione concreta e quotidiana delle proposte ecologiste.

Proprio a partire dalle riflessioni di Laura Conti si è capito che la questione ecologica è un oggetto delicato da maneggiare.

“L’ecologia è l’unica scienza che oltre agli scienziati ha un folto stuolo di paladini […] Quest’ultima in Italia, infatti, conta su pochi professionisti, ma su decine di migliaia di paladini” Si capisce che il rischio di cadere nel populismo non è irrilevante. Ma se si sono ottenuti bene o male dei risultati in questo campo è stato fatto per mezzo della mobilitazione dei cittadini.

Dentro questa esperienza ho portato a casa un paio di concetti forti.

Lo slogan” pensare globalmente, agire localmente”, anche i ragionamenti e le proposte generali possono avere dei risvolti locali, alla portata e all’impegno di ognuno. Così come un problema locale può essere capito meglio in un ragionamento più ampio.

L’altra questione si riferisce al fatto che l’ecologia è una scienza, come si dice “olistica” o “di sistema”, un concetto che è diventato poi di moda e abusato, forse superato in questi anni da quello di “resilienza”. Per capire questa cosa ci è venuto in aiuto in quegli anni un racconto di Italo Calvino contenuto nel libro “Le città invisibili” del 1972:

“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. «Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?» chiede Kublai Khan. «Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra – risponde Marco –, ma dalla linea dell’arco che esse formano». Kublai Khan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: «Perché mi parli delle pietre? È solo l’arco che m’importa». Polo risponde: «Senza pietre non c’è arco».

L’ecologia è così, se ti fermi troppo a ragionare sul singolo elemento non riesci a capire che quell’elemento lì ha diverse e complicate relazioni con altri e che una serie di elementi compongono un insieme che sta in piedi. In più l’ecosistema a differenza dell’”arco di Marco Polo” è un sistema dinamico evolutivo sia nella componente naturale che nella presenza umana. Un ragionamento possibile è quello di trasformare tutto in quantificazione energetica, ma è una delle semplificazioni possibili. Nella realizzazione dei prodotti un conto sensato, ma non ancora puntualmente applicato, partirebbe da quanta energia occorre per procurarsi le materie prime, quanta se ne consuma per la produzione, quanta per l’uso, per le manutenzioni e per lo smaltimento finale e nel ragionamento andrebbe considerata la durata di questo ciclo. Ma passando dai prodotti alle azioni non ci si può fermare alla somma dei prodotti coinvolti, ci sono importanti ricadute sociali.

Abbiamo anche a disposizione strumenti e normative che hanno indirizzato il problema come la Valutazione d’Impatto Ambientale o la Valutazione Ambientale Strategica, ma anche se non applicate in modo meramente burocratico, sembrano ancora insufficienti, però almeno ci fornisco dati e ipotesi di effetti sull’ambiente.

Ragionamenti complessi che spesso non danno risposte semplici e che è difficile gestire con la mobilitazione dal basso. Per fare un esempio: qualcuno può sostenere sinceramente di avere in tasca la soluzione definitiva per Taranto?

Per uscire da una posizione che potrebbe sembrare relativista e di arresa, bisogna saper coinvolgere il decisore cioè la politica e quindi ancora i paladini sapendo che le soluzioni non sono facili.

Torniamo alla nostra Pedemontana.

Abbiamo già detto che è impostata male e sbagliata, ma intanto un pezzo è già fatto e a questo punto dove la facciamo finire? Li dove è arrivata adesso senza avventurarsi sul bosco della diossina? Oppure la facciamo arrivare ad occupare, in modo altrettanto complicato ad occupare la sede dell’attuale Milano Meda? Ragionando sulla tratta D la proposta della D breve fa meno danni dell’ipotesi della D lunga, meno territorio niente nuovo ponte autostradale sull’Adda. La D breve è un doppione del prolungamento della tangenziale est a un paio di chilometri in linea d’aria in parallelo, la prima sarebbe comunque a pagamento la seconda no. La proposta va ad aggravare la situazione del comune di Agrate, già pesantemente interessato da tratti e svincoli autostradali, inoltre gli assi autostradali diventano essi stessi nuovi attrattori di nuovi insediamenti produttivi e commerciali, certo questa situazione è di pertinenza (non totalmente) dei comuni ma si sa poi le amministrazioni cambiano. Una ipotesi sarebbe quella di fare concludere la tratta C all’intersezione del prolungamento della tangenziale est a nord di Vimercate, con ancora due problemi, un aumento del traffico su questo tratto e la mancata connessione ad Agrate tra tangenziale Est e autostrada A4.

E se si rinunciasse anche alla tratta C, rimarrebbe lì un residuato un po’ inutile. meglio inutile che dannoso?

Dopo di che rimane il macigno dell’eccessivo trasporto su gomma delle merci e della condizione del tratto urbano della A4, se si vuole seriamente trasferire le merci sul ferro occorrono comunque nuove infrastrutture compresi gli interscambi ferro-gomma, ma non basterebbe, bisogna rendere più economico ed efficiente il trasporto merci su ferro affrontando la situazione che si verrebbe a creare con gli autotrasportatori, siamo in grado di “costruire l’arco”?

domenica 22 maggio 2022

 Ricordi belluschesi 15

Pedemontana una storia vecchia di cinquant’anni

La prima idea di una nuova infrastruttura autostradale in senso orizzontale nel territorio lombardo risale al “progetto 80” un documento di programmazione politico sociale elaborato con l’arrivo al governo in Italia del centrosinistra, il documento è stato pubblicato nel 1969. Un progetto a cui lavorarono importanti esponenti della cultura socialista come Giolitti e Ruffolo ma che era vista con sospetto dalla componente centrista e conservatrice perché suscitava allusioni ai piani quinquennali sovietici. Questo documento si proponeva una serie di obiettivi per l’Italia da raggiungere negli anni ’80 (una sorta di PNRR dell’epoca).

Uno degli obiettivi in campo urbanistico era quella di spezzare la crescita “a macchia d’olio” dell’area urbana milanese che continuava a crescere a dismisura (fenomeno che viene chiamato di conurbazione) fino ad andare ad occupare tutta l’area cosiddetta “metropolitana” cioè l’insieme del territorio che ha forti relazioni sociali ed economiche. C’erano in quegli anni esperienze europee a cui la classe politica e intellettuale italiana guardava con interesse, soprattutto l’idea delle “New Town” londinesi o la crescita di Copenaghen che inglobava e manteneva ampi spazi agricoli. La storia urbanistica lombarda metteva già sul piatto questa idea di una metropoli policentrica, fatta cioè di centri urbani, sociali e produttivi abbastanza forti ed autonomi per poter interagire con un ruolo paritario col centro di tutto il motore, il modello poteva essere quello di Milano con i centri che definiscono la dimensione metropolitana lombarda: le città di Varese, Como, Lecco, Bergamo e Brescia. Storicamente lo sviluppo produttivo di quest’area era già avvenuto lungo i fiumi (energia idraulica, non avevamo il carbone) Olona, Seveso. Lambro, che, come del resto tutte le infrastrutture, facevano perno su Milano, in parte anche l’Adda attraverso i canali. Sempre attraverso i canali si può considerare anche nell’area metropolitana lombarda anche un pezzo di Piemonte come il novarese; quindi, prendendola un po’ alla lunga nel “progetto ’80” si pensa di infrastrutturare con un nuovo collegamento autostradale dalla Malpensa a Bergamo (Orio non era ancora una realtà che conosciamo oggi) favorendo interazioni interne senza passare da Milano e con l’obiettivo di frenare la crescita delle periferie milanesi. Questa idea della “città policentrica” ha stimolato anche interventi privati, ahimè fallimentari come l’idea di “Zingonia”, oppure interventi pubblici che hanno prodotto però risultati diversi per cui erano stati pensati come il prolungamento della linea verde della metropolitana a Gorgonzola che avrebbe dovuto ospitare il trasferimento del Politecnico di Milano, la linea poi avrebbe dovuto proseguire fino all’Adda tra Vaprio e Cassano dove sarebbe sorta una nuova città (fortunatamente mai realizzata). Il fatto è che le città nel territorio esistono già e secondo il piano andavano potenziate nei collegamenti infrastrutturali che per quegli anni erano collegamenti su gomma.

Alla fine degli anni ’60 nasce l’idea di una “Autostrada pedemontana” perché doveva collocarsi ai piedi delle colline lombarde collegando Varese, Como, Lecco e Bergamo, andando a sostituire la “strada briantea” esistente e ritenuta sottodimensionata.

La proposta ritorna nel Piano viabilità e trasporti della Regione Lombardia nel 1985 con un primo abbassamento nell’attraversamento dell’Adda che veniva fatto coincidere con il nuovo ponte di Paderno il cui concorso di idee si era appena concluso. La Regione a presidenza Guzzetti introduce anche una importante ipotesi di riordino ferroviario, ipotizzando una “Quadra delle merci”, un ampio quadrilatero di linee ferroviarie a servizio della metropoli per spostare una quota del trasporto merci dalla strada alle rotaie.  Il progetto Pedemontana va avanti come sappiamo quello ferroviario di competenza FS non troverà i finanziamenti neanche per il progetto preliminare.

Il progetto pedemontana non troverà investitori convinti o meglio gli investitori propongono un drastico abbassamento del tracciato a ridosso della conurbazione nella ipotesi di intercettare l’elevato aumento di traffico sul tratto urbano della A4 dalla barriera di Monza a Viale Certosa, probabilmente il tratto più intasato della rete autostradale italiana, traffico largamente generato dal trasporto merci.

Un passaggio cruciale è la “Legge obiettivo del 2001” con cui si intendono accelerare la realizzazione delle opere pubbliche, nell’elenco viene inserito la Pedemontana lombarda, in forza di questa legge non sono più richiesti i pareri degli enti locali.

La realizzazione viene data in concessione alla Società Autostrada Pedemontana S.p.A la concessione prevede il collegamento tra le autostrade di Varese, Como, e Bergamo. Il progetto preliminare viene approvato dall’organi di controllo governativo e prevede la realizzazione delle tangenziali di Varese e di Como, un tracciato basso che raggiunge Bergamo collegandosi alla A4 all’altezza di Brembate, il tratto da Vimercate a Brembate è individuato come Tratta D. Il progetto definitivo arriva agli enti locali nel 2009 con ormai poche possibilità di intervento. Riporto uno stralcio della delibera della Giunta Comunale di Bellusco del 16 luglio 2009.

Ad unanimità di voti resi nelle forme di legge

DELIBERA

1.    Di presentare, ai sensi dell’art. 166 del D.Lgs. 163/2006, le seguenti osservazioni al progetto definitivo del “Collegamento autostradale Dalmine Como Varese Valico del Gaggiolo ed opere ad esso connesse – Tratta D (Vimercate – Osio Sotto)” denominato “Pedemontana”, che si strutturano secondo tre problematiche:

  1. osservazione di carattere generale;
  2. osservazioni sugli aspetti giuridici e procedurali
  3. osservazioni in merito al rispetto delle prescrizioni del CIPE

a) OSSERVAZIONE DI CARATTERE GENERALE

Il Comune di Bellusco ribadisce la sua contrarietà alla realizzazione della tratta D “Collegamento autostradale Dalmine Como Varese Valico del Gaggiolo” denominato “Pedemontana”. Come già espressa con delibere del Consiglio Comunale n. 18 del 14.03.01, n. 53 del 14.09.01, n. 45 del 29.06.02, n. 46 del 26.07.02, n. 13 del 12.03.04, n. 42 del 10.07.08 e della Giunta Comunale n. 68 del 12.05.09 e in sede di Conferenza di Servizio.

La contrarietà si base sulle seguenti considerazioni.

L’autostrada “Pedemontana” conserva solo nel nome la finalità per cui è stata ipotizzata negli anni precedenti, il continuo abbassamento verso sud del tracciato ne hanno profondamente mutato il ruolo e la funzione.

Se la funzione della Pedemontana era quello di infrastrutturare adeguatamente il sistema metropolitano lombardo di tipo policentrico, collegando in modo efficace le città di Varese, Como, Lecco e Bergamo, il progetto definitivo è completamente diverso, sono rimasti frammenti del progetto originario nelle tangenziali di Varese e Como, completamente scollegate col resto dell’asse autostradale proposto.

Altro frammento della storia dell’infrastruttura che è rimasto nel nome e si è perso nel progetto è il termine dell’autostrada a Dalmine con relativo innesto alla A4, il progetto infatti prevede tale raccordo, immediatamente al di là dell’Adda all’altezza di Brembate.

Così modificato il progetto assume una nuova e diversa connotazione, l’asse autostradale proposto si configura come un elemento a servizio della conurbazione milanese costituendo in realtà una nuova “Tangenziale Nord Esterna”.

Tenendo conto che la tratta D non migliora le condizioni del traffico del territorio interessato ma contribuisce senz’altro a peggiorarle, come dimostrato in appositi studi effettuati negli scorsi anni e in possesso della Regione Lombardia; e che probabilmente la tratta D risulta finanziariamente problematica rispetto ai flussi di traffico intercettabili, tanto da prevedere degli “interventi di carattere insediativi e territoriale, definiti e attuati nell’ambito dell’accordo di programma di cui all’art. 9, al servizio degli utenti delle infrastrutture medesime ovvero a servizio delle funzioni e delle attività del territorio, i cui margini operativi di gestione possono contribuire all’abbattimento del costo dell’esposizione finanziaria dell’iniziativa complessiva, “(comma 3 dell’Art. 10 della L.R. n.15 del 26 maggio 2008), dispositivo che sembra perfettamente calzante con il progetto definitivo di inserire una serie di funzioni complesse su un'area che interessa la parte nord del Comune di Bellusco oggetto di osservazioni successive. […]”

Per chiarire l’ultimo passaggio va detto che tra Ruginello e San Nazzaro era stato inserito un’area di servizio molto grande con anche un albergo. In tutti questi anni il progetto non è mai decollato per mancanza di investimenti private, le tratte realizzate sono state tutte finanziate con soldi pubblici.

E siamo arrivati all’ultima proposta, quella di accorciare la Tratta D innestandosi sulla A4 ad Agrate tanto da rispettare la Concessione che prevede il collegamento da Varese a Bergamo, un po’ tortuoso ma sulla carta c’è. Purtroppo, a volte, la serietà e la dignità spesso non fanno parte dell’agire amministrativo.

Sta di fatto che questa struttura non è più “pedemontana” ma un ulteriore anello della crescita della conurbazione milanese a “macchia d’olio”, proprio il contrario di quello che si auspicava all’origine del ragionamento.