lunedì 18 marzo 2024

 


Barbara Kingsolver 2

“L’ALBERO VELENOSO DELLA FEDE”

Il libro è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1998 ma in Italia nel 2013. La storia è quella di una famiglia che guidata dal fanatismo religioso del padre Nathan Price, un missionario battista, si sposta dal sud degli Stati Uniti nel Congo Belga per evangelizzare, convertire e battezzare la popolazione locale di un piccolo villaggio nel profondo entroterra. Siamo nel 1960 quando scoppiano le rivolte per l’indipendenza a seguito del ritiro della sovranità del Belgio e l’interesse degli americani e sovietici per il controllo del paese, il passaggio dal colonialismo al neocolonialismo.

La scrittrice ha vissuto effettivamente in Congo nei primi anni Sessanta a seguito dei genitori, il padre era un operatore sanitario nell’allora capitale Léopoldville.

Il fanatismo religioso, anacronistico, del padre trascina in Congo la moglie Orleana e le quattro figlie: la maggiore Rachael, le due gemelle Lea e Adah e la più piccola di cinque anni Ruth May.

I paragrafi del romanzo sono intitolati a ognuna delle protagoniste e raccontano in prima persona, con modalità e il linguaggio che caratterizzano il proprio personaggio, la propria esperienza e visione delle cose. Possiamo attribuire ad ogni protagonista del romanzo quasi un archetipo nel rapporto del mondo occidentale con la questione Africa. Così la madre presenta le figlie all’inizio del romanzo “Le figlie le marciano dietro, quattro ragazze strizzate in corpi tesi come archi, ciascuna pronta a scoccare un cuore di donna in direzioni diverse, verso la gloria o la dannazione”

Rachael, un po’ superficiale e edonista, la più oppositiva al progetto del padre, rimpiange una normale vita da ragazza americana “alla moda”. Dopo la tragedia che smembrerà la famiglia e varie peripezie matrimoniali, rimane in Africa senza mai integrarsi, ma ritagliandosi un proprio business, apre un albergo per soli bianchi nel Congo Brazzaville.

L’Africa si può anche non capirla ma ci si possono fare degli affari.

Lea rappresenta l’idealista che crede di salvare il mondo e quando le cose vanno nel verso sbagliato non può che sentirsi in colpa. All’inizio è la più fervente collaboratrice del padre, lo difenderà sia all’interno della famiglia che nei confronti del capo villaggio, il quale vede come minaccia verso le tradizioni e la religiosità panteistica l’opera di Nathan. Una prima incrinatura rispetto alle proprie certezze l’ha a a seguito della visita del pastore Fowles che gestiva precedentemente la missione. Il pastore ha abbandonato la missione ha sposato una donna congolese, ricerca una forma più sincretica tra cristianesimo e panteismo locale e concentrandosi sul fare, nella dimensione della carità. Lea comincia a collaborare col maestro del villaggio Anatole, a sua volta formato nell’ambito missionario. Anatole si occupa di Lea quando si ammala durante l’abbandono del villaggio, i due si innamorano e abbracciano la causa del Presidente Lumunba, primo eletto dopo l’indipendenza, figura non gradita dalle potenze occidentali che lo rovesciano con una guerra interna di secessione della regione del Katanga e appoggiano il dittatore Mobuto. Lumumba verrà accusato a sua volta di essere appoggiato dai sovietici. A seguito dell’omicidio di bianchi, ad opera delle milizie indipendentiste , animate da un feroce spirito di vendetta rispetto a quanto subito nella dominazione belga, Interviene l’ONU che si schiera a sostegno di Mobuto il quale rimase al potere fino al 1997. (il libro contiene una documenta bibliografia anche su questi fatti storici e sul coinvolgimento della CIA).

Anatole subisce più volte il carcere per le sue posizioni politiche, alla fine la coppia si prodigherà nella costituzione di cooperative agricole nel sud del paese fino a spostarsi in Angola dove l’esperimento simile di indipendenza ad opera di Agostino Neto, portò poi il paese nell’orbita dell’influenza sovietica e cubana.

Lea rappresenta un po’ il sostegno occidentale idealista alle lotte di liberazione e di indipendenza dell’Africa sia dal colonialismo che dal neocolonialismo.

Adah, la sorella gemella di Lea ha subito una emiparesi durante il parto e mantiene un difetto fisico ma è dotata di una grande intelligenza che gli permette di imparare velocemente sia le lingue che tutto ciò che legge, scegli poi un mutismo nei confronti di tutti, sentendosi in debito nei confronti di Dio, del mondo, della sua famiglia e di sua sorella che gli ha rubato parte della normalità. Non parlando Adah scrive diversi quaderni con riflessioni scientifiche, razionale ma anche calembour linguistici. E’ dotata di straordinaria capacità di calcolo mentale. La lentezza e l’isolamento sociale gli permettono di indagare sugli aspetti naturalistici, ma anche linguistici del villaggio con un atteggiamento antropologico. Insieme alla madre abbandona il Congo per tornare in Georgia, si laurea in medina ma abbandona anche questa professione trovando incongruo il giuramento di Ippocrate di accanimento contro la morte che invece considera un fatto naturale. L’atteggiamento malthusiano la porta ad occuparsi dello studio dei virus.

Adah rappresenta l’approccio scientifico razionale alla questione africana.

Ruth May arriva in Africa all’età di 5 anni, il suo è un approccio ingenuo e infantile al contesto, questo gli permette comunque di indagare, curiosare e conoscere quello che gli sta attorno. E’ la prima a trovare una forma di dialogo se non di integrazione con gli altri bambini del villaggio a cui insegna i propri giochi. Si sottrare alla assunzione sistematica del chinino e si ammala. Non riesce comunque ad uscirne viva da questa esperienza e muore per il morso di un serpente dall’aspetto fantastico. La sua morte è la tragedia che fa esplodere le contraddizioni interne alla famiglia, dalla scelta di andare in Africa alla sottomissione del fanatismo religioso del padre.

Rut rappresenta in qualche modo l’approccio occidentale semplicistico alle questioni africane, approccio destinato a soccombere.

La madre Orleana che apre le riflessioni in alcuni capitolo, a seguito della tragedia della perdita di Ruth May, prende la decisione di abbandonare il marito, la fede e il Congo cercando di portare in salvo le sue figlie, torna negli Stati Uniti con la figlia al momento più debole e con forti sensi di colpa a partire dal non essere stata pienamente se stessa fin dal matrimonio, di non essersi opposta al fanatismo religioso del marito, di non essersi opposta al progetto della missione in Congo e di non aver difeso le figlie.

Orleana può rappresentare la riflessione intellettuale e politica dell’occidente a posteriore e con forti sensi di colpa per non riuscire a capire e ad agire concretamente ed efficacemente sulle questioni grandi e complesse che agitano l’Africa.

Un libro che mi è piaciuto molto, coinvolgente con una scrittura molto fluida che fornisce materia di riflessione sull’Africa, sulla colonizzazione culturale, sul fanatismo religioso che può sembrare macchiettistico e anacronistico riferito ai missionari battisti ma che incombe ancora.

martedì 5 marzo 2024

 

Barbara Kingsolver 1

“DEMON COPPERHEAD”

 


Come ogni tanto capita, mi sono imbattuto in una scrittrice molto interessante: Barbara Kingsolver, salvo poi scoprire che è data come tra le più importanti scrittrici americane viventi. Nel 2023 ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa col primo romanzo che ho letto “Demon Copperhead” uscito negli Stati Uniti nel 2022.

Il romanzo è proprio una riscrittura di quello di Dickens “David Copperfield”, il protagonista è un ragazzo orfano prima di padre e poi anche di madre, sono ripresi diversi dei personaggi e alcune caratterizzazioni del romanzo originale. Il contesto però è molto diverso, Demon è un “millenium” e vive nella provincia americana del Tennessee in un contesto di depressione economica per dell’abbandono delle miniere di carbone e attività agricole di sussistenza. È interessante il confronto fra i due testi.

Manca quindi lo spirito positivista dello sviluppo industriale londinese, certo, con tutte le sue deficienze, ma in grado di far immaginare una ascesa sociale. Per Demon le speranze sono più ristrette e l’abisso fisico e morale ancora più profondo. Se per David l’inizio del riscatto può essere un lavoro impiegatizio, per Demon si tratta di sperimentare il fallimento dell’organizzazione degli affidi e l’aspirazione di ascesa sociale potrebbe essere la squadra di rugby della scuola. La fuga dalle depressioni giovanili possono essere gli stupefacenti diffusi, ma la piaga sociale diventa la dipendenza da psicofarmaci abbondantemente somministrati e sponsorizzati dalle case farmaceutiche. Il riscatto potrà arrivare, stavolta non dalla scrittura ma dal fumetto.

L’inizio del capitolo 23 è dedicato alla opinione del protagonista sulla sua esperienza scolastica vissuta fino a quel momento:

“Per la cronaca, io non ho sempre odiato la scuola. Anzi un tempo le dedicavo anche un certo sforzo. Uno dei più bravi a leggere, almeno fra i maschi. Forse credevo di rendere mamma orgogliosa. O forse volevo solo dimostrarle che non avrei mollato come aveva fatto lei. In ogni caso non aveva più importanza. Adesso guardavo gli altri ragazzi che alzavano la mano, davano le risposte giuste, e buon per loro. Oggetto delle risposte la battaglia di Appomattox, il ciclo vitale di una pianta, ma chissenefrega? Se tutto quello che ti interessa sapere è dov’è la porta per uscire di qui e che ovunque tu vada continuerai ad avere fame.

Gli insegnanti, il preside e Miss Barks mi facevano tutti la stessa predica perché non mi impegnavo abbastanza e non sfruttavo a pieno il mio potenziale. Io non mi ci metto nemmeno a discutere, con loro. Arrivi al punto che non te ne importa un accidente se la gente ti considera uno sfigato. Forse perché a quella conclusione ci eri già arrivato per primo. Avrei voluto dirgli: Ce l’avete davanti il mio potenziale, è quello che state guardando. Come cazzo volete chiamarlo? Ma credete davvero che l’abbia deciso io, di ritrovarmi a vivere dentro uno così?

Impegnarmi a fondo? Ve lo dico io com’è: cercate di arrivare in fondo a ogni giornata evitando di fami guardare male, di prendermi una parte di merda da un insegnante, di farmi ridere dietro dalle ragazze, o essere preso a cazzotti da qualche stronzo. Se per caso vi è mai capitato lo sapete già. Se invece provate a immaginarlo, non ci arriverete neppure vicino. Tutta quella gente doveva proprio continuare a chiedermi perché volevo mollare la scuola? Che potevo fare, se non guardare il muro e non dire niente, o al massimo mi dispiace? Stavo imparando ad apprezzare quell’orrido sapore di bruciato delle parole che mi sarebbe toccato mandare giù chissà quante volte. Mi dispiace.”

Quanti ragazzi incontrati in questo stato d’animo.

Subito dopo però, il confronto con l’esperienza di un precario lavoro estivo gli permette di riconsiderare la scuola come sistema:

“Quello di cui non ti rendi conto a scuola, è che tutti sono in cammino verso qualcosa. Anche se sei uno di quelli già fregati in partenza, partecipi lo stesso. Okay, ragazzi, arriviamo alla fine di questa lezione, di questo quadrimestre, di quest’anno. A maggio faremo i test di valutazione, forse la nostra disgraziatissima scuola otterrà un punteggio migliore, così gli insegnanti conserveranno il loro posto e passeremo tutti alla classe successiva. E comunque qualsiasi ragazzo pensa solo a crescere e perciò ecco fatto, progresso automatico.”

Tra i nuovi personaggi introdotti c’è una coppia di insegnanti, coppia mista, Mr Armstrong nero, consulente per l’orientamento e Ms Annie, bianca, insegnante di arte. Demon li incontra nella nuova scuola, l’occasione della nuova ripartenza, in un nuovo affido. I due insegnati sono un po’ l’emblema della pedagogia progressista, quegli insegnanti insomma che si prefiggono sempre di salvare il modo, saranno loro a valorizzare le capacità fumettistiche del protagonista.

Un bellissimo romanzo di formazione contemporaneo, scritto in modo efficace per una lettura veramente coinvolgente.