Barbara Kingsolver 2
“L’ALBERO VELENOSO DELLA FEDE”
Il libro è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1998 ma in
Italia nel 2013. La storia è quella di una famiglia che guidata dal fanatismo
religioso del padre Nathan Price, un missionario battista, si sposta dal sud
degli Stati Uniti nel Congo Belga per evangelizzare, convertire e battezzare la
popolazione locale di un piccolo villaggio nel profondo entroterra. Siamo nel
1960 quando scoppiano le rivolte per l’indipendenza a seguito del ritiro della
sovranità del Belgio e l’interesse degli americani e sovietici per il controllo
del paese, il passaggio dal colonialismo al neocolonialismo.
La scrittrice ha vissuto effettivamente in Congo nei primi
anni Sessanta a seguito dei genitori, il padre era un operatore sanitario
nell’allora capitale Léopoldville.
Il fanatismo religioso, anacronistico, del padre trascina in
Congo la moglie Orleana e le quattro figlie: la maggiore Rachael, le due
gemelle Lea e Adah e la più piccola di cinque anni Ruth May.
I paragrafi del romanzo sono intitolati a ognuna delle
protagoniste e raccontano in prima persona, con modalità e il linguaggio che
caratterizzano il proprio personaggio, la propria esperienza e visione delle
cose. Possiamo attribuire ad ogni protagonista del romanzo quasi un archetipo nel
rapporto del mondo occidentale con la questione Africa. Così la madre presenta
le figlie all’inizio del romanzo “Le figlie le marciano dietro, quattro
ragazze strizzate in corpi tesi come archi, ciascuna pronta a scoccare un cuore
di donna in direzioni diverse, verso la gloria o la dannazione”
Rachael, un po’ superficiale e edonista, la più oppositiva
al progetto del padre, rimpiange una normale vita da ragazza americana “alla
moda”. Dopo la tragedia che smembrerà la famiglia e varie peripezie matrimoniali,
rimane in Africa senza mai integrarsi, ma ritagliandosi un proprio business,
apre un albergo per soli bianchi nel Congo Brazzaville.
L’Africa si può anche non capirla ma ci si possono fare
degli affari.
Lea rappresenta l’idealista che crede di salvare il mondo e
quando le cose vanno nel verso sbagliato non può che sentirsi in colpa.
All’inizio è la più fervente collaboratrice del padre, lo difenderà sia
all’interno della famiglia che nei confronti del capo villaggio, il quale vede
come minaccia verso le tradizioni e la religiosità panteistica l’opera di
Nathan. Una prima incrinatura rispetto alle proprie certezze l’ha a a seguito
della visita del pastore Fowles che gestiva precedentemente la missione. Il
pastore ha abbandonato la missione ha sposato una donna congolese, ricerca una
forma più sincretica tra cristianesimo e panteismo locale e concentrandosi sul
fare, nella dimensione della carità. Lea comincia a collaborare col maestro del
villaggio Anatole, a sua volta formato nell’ambito missionario. Anatole si
occupa di Lea quando si ammala durante l’abbandono del villaggio, i due si
innamorano e abbracciano la causa del Presidente Lumunba, primo eletto dopo
l’indipendenza, figura non gradita dalle potenze occidentali che lo rovesciano
con una guerra interna di secessione della regione del Katanga e appoggiano il
dittatore Mobuto. Lumumba verrà accusato a sua volta di essere appoggiato dai
sovietici. A seguito dell’omicidio di bianchi, ad opera delle milizie
indipendentiste , animate da un feroce spirito di vendetta rispetto a quanto
subito nella dominazione belga, Interviene l’ONU che si schiera a sostegno di
Mobuto il quale rimase al potere fino al 1997. (il libro contiene una documenta
bibliografia anche su questi fatti storici e sul coinvolgimento della CIA).
Anatole subisce più volte il carcere per le sue posizioni
politiche, alla fine la coppia si prodigherà nella costituzione di cooperative
agricole nel sud del paese fino a spostarsi in Angola dove l’esperimento simile
di indipendenza ad opera di Agostino Neto, portò poi il paese nell’orbita
dell’influenza sovietica e cubana.
Lea rappresenta un po’ il sostegno occidentale idealista
alle lotte di liberazione e di indipendenza dell’Africa sia dal colonialismo
che dal neocolonialismo.
Adah, la sorella gemella di Lea ha subito una emiparesi
durante il parto e mantiene un difetto fisico ma è dotata di una grande
intelligenza che gli permette di imparare velocemente sia le lingue che tutto
ciò che legge, scegli poi un mutismo nei confronti di tutti, sentendosi in
debito nei confronti di Dio, del mondo, della sua famiglia e di sua sorella che
gli ha rubato parte della normalità. Non parlando Adah scrive diversi quaderni
con riflessioni scientifiche, razionale ma anche calembour linguistici. E’
dotata di straordinaria capacità di calcolo mentale. La lentezza e l’isolamento
sociale gli permettono di indagare sugli aspetti naturalistici, ma anche
linguistici del villaggio con un atteggiamento antropologico. Insieme alla
madre abbandona il Congo per tornare in Georgia, si laurea in medina
ma abbandona anche questa professione trovando incongruo il giuramento di
Ippocrate di accanimento contro la morte che invece considera un fatto
naturale. L’atteggiamento malthusiano la porta ad occuparsi dello studio dei
virus.
Adah rappresenta l’approccio scientifico razionale alla
questione africana.
Ruth May arriva in Africa all’età di 5 anni, il suo è un
approccio ingenuo e infantile al contesto, questo gli permette comunque di
indagare, curiosare e conoscere quello che gli sta attorno. E’ la prima a
trovare una forma di dialogo se non di integrazione con gli altri bambini del
villaggio a cui insegna i propri giochi. Si sottrare alla assunzione
sistematica del chinino e si ammala. Non riesce comunque ad uscirne viva da
questa esperienza e muore per il morso di un serpente dall’aspetto fantastico.
La sua morte è la tragedia che fa esplodere le contraddizioni interne alla
famiglia, dalla scelta di andare in Africa alla sottomissione del fanatismo
religioso del padre.
Rut rappresenta in qualche modo l’approccio occidentale
semplicistico alle questioni africane, approccio destinato a soccombere.
La madre Orleana che apre le riflessioni in alcuni capitolo,
a seguito della tragedia della perdita di Ruth May, prende la decisione di
abbandonare il marito, la fede e il Congo cercando di portare in salvo le sue
figlie, torna negli Stati Uniti con la figlia al momento più debole e con forti
sensi di colpa a partire dal non essere stata pienamente se stessa fin dal
matrimonio, di non essersi opposta al fanatismo religioso del marito, di non
essersi opposta al progetto della missione in Congo e di non aver difeso le
figlie.
Orleana può rappresentare la riflessione intellettuale e
politica dell’occidente a posteriore e con forti sensi di colpa per non
riuscire a capire e ad agire concretamente ed efficacemente sulle questioni
grandi e complesse che agitano l’Africa.
Un libro che mi è piaciuto molto, coinvolgente con una
scrittura molto fluida che fornisce materia di riflessione sull’Africa, sulla
colonizzazione culturale, sul fanatismo religioso che può sembrare
macchiettistico e anacronistico riferito ai missionari battisti ma che incombe
ancora.
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