sabato 15 giugno 2019

Il rosario, la Madonna, la fede e la politica


Il rapporto tra fede cristiana e politica ha avuto una fase iniziale molto conflittuale: persecuzioni, martiri, catacombe, non tanto perché si pensava che i cristiani aspirassero ad un ruolo di potere, ma al contrario una religione salvifica e centrata sulla vita ultraterrena proponeva valori che mettevano in discussione quelli della civiltà romana.
Ancora alla seconda metà del II secolo nella “Lettera a Diogneto” si ripropone il ruolo del cristiano come colui che” è nel mondo ma non è del modo”, un rapporto conflittuale che ha ispirato in modo significativo una parte della nascente religione cristiana e soprattutto la corrente ascetica e mistica. Un testo che ha avuto una fortunata riscoperta anche durante il periodo post conciliare e della fine del collateralismo tra cattolici e la rappresentanza politica partitica della DC.
Si fa risalire invece all'Editto di Milano del 313 la nascita di un collateralismo tra religione e potere coincidente con la fine delle persecuzioni. Sarà infatti significativo il ruolo dei pontefici nel passaggio tra la fine dell’Impero Romano d’Occidente e la nuova società medioevale. Curiosamente sarà proprio un pontefice: Papa Gregorio Magno a supplire alla carenza della politica nella parte occidentale dell’impero ed affrontare la questione delle invasioni barbariche con una forte opera di inclusione.
Anche quando poi arriverà lo scisma orientale la questione più che disputa teologica e di ruoli religiosi, sarà prettamente questione di potere temporale. Ancora adesso la regione ortodossa è molto intrecciata alle questioni politiche delle nazioni in cui è prevalente, una religione fortemente integralista e nazionalista.
La vera spaccatura sul piano religioso ma anche politico e culturale è senz'altro quello della Riforma e della Controriforma.
La riforma prefigura un ruolo più attivo e consapevole dei cristiani, pienamente responsabili al di fuori della mediazione religiosa. I cristiani protestanti saranno molto più istruiti anche nella conoscenza dei testi sacri (a volte fuorviati da una interpretazione strettamente letterale di testi scritti in epoche molto diverse) Senza la mediazione dei Santi e neanche della Madonna, anche se Lutero è un importante autore di un commento al Magnificat. Da qui, sfruttando le novità tecnologiche del tempo, la diffusione della Bibbia a stampa per i cristiani più colti e facoltosi e il ruolo delle liturgie centrate sul canto dei salmi e sul sermone.
In contrapposizione la controriforma vedrà l’esaltazione delle figure dei santi e della Madonna tanto da realizzare una serie di “fortilizi culturali” dei santuari dedicati alla Madonna e alle sue apparizioni su una linea di frontiera tra Europa cattolica e quella protestante, sostenute da apparizioni ed eventi miracolosi (con qualche riedizione nel 1948 quando la frontiera in Europa diventa quella tra est ed ovest). Anche la pratica della recita del rosario, di origine domenicana, riprende vigore proprio in contrapposizione alla lettura diretta dei testi sacri. Diffusa come pratica soprattutto popolare come momento di ritrovo serale della famiglia patriarcale, compito della “mater familias” era quella di “iniziare il rosario”, ricordando ad ogni decina i vari misteri di meditazione. Il rosario infatti è una pratica mistica in cui la voce ripete in continuazione la stessa locuzione e la mente è libera di pensare e meditare sui misteri religiosi od altro. Una pratica che i mistici definiscono di “attenzione apparente”, e se non ci sono meditazioni da fare … ci si addormenta.
Il pericolo intravisto nel mondo cattolico della lettura diretta dei testi sacri si protrae fino al Concilio Vaticano II con l’introduzione della liturgia in italiano e con la pubblicazione del documento “Dei verbum” del 1965. Fino ad allora i cattolici che volevano leggere direttamente i testi sacri avrebbero dovuto chiedere una specifica dispensa al proprio parroco.
L’ambito cattolico è caratterizzato da una notevole ignoranza, a diversi livelli, della lettura, interpretazione e “discernimento” dei testi sacri. Da qui una religiosità popolare di tipo superficiale, identitaria e fortemente caratterizzata dalla pratica sacramentale. La messa in discussione di questa impalcatura anche se in modo non sempre lineare sta aprendo brecce consistenti nell’intero sistema.
Va letta anche in questa chiave la dichiarazione di impotenza delle dimissioni di Benedetto XVI, che viene da una formazione fortemente intellettuale e contigua al mondo protestante.
In questa breccia della chiesa cattolica, anche in difficoltà a dare nuovo senso alla religiosità popolare di basso livello culturale e religioso anche dei propri preti e catechisti, si inserisce la dimensione religiosa identitaria sfruttata dalla Lega di Salvini.
La strada forse è quella già indicata da un altro intellettuale e “pastore” che fu il cardinale Martini che promosse a livello delle singole parrocchie una catechesi basata sulla pratica monastica della “lectio divina”, ma ahimè mancano i quadri intermedi.