sabato 26 marzo 2016

I nodi al pettine: l’alternanza scuola-lavoro

I nodi al pettine: l’alternanza scuola-lavoro

La “riforma Moratti” ha introdotto nel 2003 l’attività di alternanza scuola-lavoro per gli istituti scolastici di secondo grado, in teoria l’attività poteva essere svolta anche nei licei ma penso siano state veramente poche le esperienze in questo senso. Per gli istituti professionali l’alternanza ha assorbito un obbligo precedente già quantificato come monte ore aggiuntivo, mentre per gli istituti tecnici si è attuato in parte all’interno delle ore curricolari e in parte in orario aggiuntivo al termine delle lezioni.
Per diversi anni il coordinamento e la valutazione dei progetti delle singole scuole è stato svolto dagli uffici scolastici regionali che assegnavano anche le risorse economiche alle singole scuole. Il ministero ha svolto una funzione di monitoraggio sull’andamento delle esperienze. I progetti e i modelli di alternanza sono stati quindi diversi da regione a regione, in alcune regioni ad esempio è stato assegnato un contributo anche ai tutor aziendali. Il modello lombardo che conosco per avervi partecipato dal 2005 prevedeva una diversificazione di interventi a partire dal secondo anno in cui non si svolgevano stage ma azioni di sensibilizzazione sulla realtà lavorativa dei comparti affini agli indirizzi di studio e all’imprenditorialità in genere. Queste attività riguardavano soprattutto incontri a scuola e visite d’istruzione e non rientravano nelle spese coperte dal finanziamento ministeriale. Nel terzo e quarto anno invece la scuola e le aziende avrebbero dovuto elaborare un progetto didattico comune definendo le competenze che l’attività avrebbe dovuto far acquisire agli studenti, nonché le modalità di verifica e misurazione di queste competenze da parte sia del tutor aziendale che da parte del consiglio di classe. Il gruppo di progetto misto, scuola-azienda che ha elaborato il progetto avrebbe poi dovuto valutare il progetto stesso.
L’alternanza scuola- lavoro coinvolgeva all’interno di ogni istituto solo alcuni consigli di classe e in alcuni progetti solo alcuni studenti della classe che avrebbero poi condiviso il racconto dell’esperienza con gli altri compagni. Sono stati prodotti in quegli anni diversi strumenti e materiali, dalla bozza di convenzione ai modelli per i progetti didattici e per il “diario di bordo degli studenti” affinché gli stagisti potessero rendicontare il tipo e la qualità dell’esperienza.
Il materiale è disponibile nel sito: http://www.requs.it/default.asp?pagina=3821
Le obiezioni nei collegi dei docenti è sempre stata molto forte e, come adesso, andavano dall’accusa di “formare al precariato” allo “sfruttamento gratuito di forza lavoro”, la realtà era, ed è rimasta, quella che per il mondo produttivo l’alternanza è una complicazione in termini di risorse e tempo impiegato e anche, non da ultimo, in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro. Ci sono stati, è vero, episodi, arrivati anche alla cronaca, soprattutto nel settore turistico, di stage molto lunghi che si configuravano come sfruttamento gratuito di manodopera.
 Oltre alla difficoltà di coinvolgere pienamente tutto il consiglio di classe, anche da parte aziendale il coinvolgimento in fase progettuale è stato spesso difficile. Nelle esperienze che coinvolgevano obbligatoriamente tutta la classe è emerso a volte una difficile sensibilizzazione di tutti gli studenti, alcuni infatti nel periodo extrascolastico preferivano trovare un qualsiasi lavoretto in nero ma remunerato. Complessivamente si trattava di stage che arrivavano complessivamente nel biennio a 200 ore. Su questo punto i datori di lavoro segnalavano spesso la necessità di aumentare le ore di stage per arrivare a conseguire una competenza. Negli anni si è proceduto a ridimensionare l’estensione delle competenze inserite nei progetti.
L’alternanza raggiungeva una serie di obiettivi. Innanzitutto aveva una funzione orientativa ponendo lo studente nel contesto reale di lavoro attinente al proprio percorso scolastico, offriva inoltre l’opportunità di sperimentare direttamente un contesto relazionale lavorativo diverso da quello scolastico facendo presagire le competenze trasversali utili per inserirsi in un contesto lavorativo. Si aveva la possibilità di apprendere conoscenze e abilità professionali a volte in anticipo rispetto alla loro trattazione teorica a scuola. Questo ultimo punto mi è sempre stato utilissimo, in quanto insegnante di materie tecniche mi è capitato spesso che nello svolgimento teorico di un argomento si inserisse uno studente riportando l’esperienza diretta dello stage, comparando le proposte e riformulando quesiti.
Su questo tema la L.107/15 presenta alcune criticità. La prima è quella dell’obbligatorietà e della definizione del numero di ore minimo da dedicare. Un’altra volta si impongono percorsi didattici uguali per tutti e non invece come opportunità per personalizzare il proprio curricolo. L’estensione quantitativa dell’attività sta portando a soluzioni improprie come un notevole numero di ore dedicate a lezioni frontali che invece di essere tenuti dai docenti sono svolte da personale proveniente dal mondo del lavoro e non è detto che questi sappiano gestire meglio degli insegnanti le lezioni frontali, anzi! Ulteriore soluzioni che sta emergendo è l’attivazione dell’”impresa simulata” che altra cosa, estremamente impegnativa dal punto di vista organizzativo, più indirizzata verso l’imprenditorialità ma priva secondo me dell’esperienza fondamentale dello stage. Mi riferiva un dirigente che riportava di casi di altri colleghi che computerebbero all’interno delle 400 ore obbligatorie per i tecnici e i professionali le ore curricolari delle materie professionali!
La “buona scuola” ha enfatizzato eccessivamente l’esperienza dell’alternanza confondendola con la formazione duale che è tutt’altra cosa in termini di contenuti e di organizzazione, direttamente finalizzata all’inserimento al lavoro, esperienza utilissima ma che va impostata complessivamente come un vero e proprio canale formativo.
È chiaro che alla luce dei nuovi obblighi di legge vanno completamente rivisti i precedenti progetti di alternanza mantenendo gli obiettivi positivi dei vecchi progetti: valenza orientativa, confronto diretto col mondo del lavoro, valorizzazione delle competenze trasversali e acquisizione di conoscenze e abilità professionali anche invertendo il momento applicativo con quello teorico. In uno dei confronti che in questi anni la Rete dell’alternanza delle scuole della Lombardia ha organizzato anche con la SUPSI del Canton Ticino il suo direttore sintetizzava l’impostazione in uno slogan:” c’è chi impara con gli occhi e chi impara con le mani”.
Ulteriore elemento di novità sono le risorse assegnate alle scuole che sono effettivamente ingenti e vincolate all’alternanza (sempre in nome dell’autonomia) che se si manterranno negli anni futuri possono permettere coperture di costi prima impossibili come la progettazione, il tutoraggio scolastico, le spese di trasporto degli studenti, le spese delle uscite didattiche finalizzate, la dotazione dei Dispositivi di Protezione Individuali per gli studenti e altro, sperando che non siano sprechi.

Rimane il problema atavico della scuola superiore italiana, quello di coinvolgere tutto il consiglio di classe almeno in modo non oppositivo.

sabato 5 marzo 2016

Non basta sorvegliare gli studenti, d’ora in poi dovremo controllare anche l’autista

Non basta sorvegliare gli studenti, d’ora in poi dovremo controllare anche l’autista

Sta suscitando, giustamente, forti polemiche tra gli insegnanti la nota del MIUR n.674 del 03/02/2016 sui viaggi di istruzione e visite guidate.
La nota annuncia di aver concordato un protocollo con la Polizia Stradale per attuare una collaborazione con le scuole nelle attività di organizzazione delle uscite didattiche che prevedano l’utilizzo di un mezzo di trasporto, dell’accordo è stato prodotto un “Vademecum” allegato alla nota.  La parte di questo documento è quella che dice:
Nel corso del viaggio gli accompagnatori dovranno prestare attenzione al fatto che il conducente di un autobus non può assumere sostanze stupefacenti, psicotrope (psicofarmaci) né bevande alcoliche, neppure in modica quantità. Durante la guida egli non può far uso di apparecchi radiotelefonici o usare cuffie sonore, salvo apparecchi a viva voce o dotati di auricolare.”
Il pressappochismo giuridico del ministero parte dallo strumento: una nota, in base a quale riferimento giuridico principale se ne fa discendere un obbligo per un soggetto? Temo ancora l’art. 2048 del Codice Civile. Che tipo di obbligo è quello di “prestare attenzione”? Che tipo di responsabilità sono a carico dell’accompagnatore?
Perché nella nota si dice anche:
“Ogni qualvolta si ritenga opportuno, in particolare prima di intraprendere il viaggio e/o durante lo stesso se la condotta del conducente o l'idoneità del veicolo non dovessero rispondere ai requisiti riassunti nel Vademecum, dovrà essere richiesta la collaborazione e l'intervento degli Uffici della Polizia Stradale territorialmente competenti, già sensibilizzati a tal riguardo dalla propria Direzione centrale.”
Quel “dovrà essere richiesta” anche durante il viaggio, fa scattare il reato di ommessa denuncia nei confronti dell’accompagnatore? Se ad esempio durante un normale controllo di polizia dovesse riscontrare una irregolarità nel mezzo la cui verifica è al di fuori delle conoscenze dell’accompagnatore, cosa rischia per non aver sufficientemente “prestato attenzione”?
Il resto della nota fa riferimento al fatto che ci di deve servire di aziende che rispettano la legge e questo è giusto ma anche ovvio, fa parte di quel noto comportamento di perizia e diligenza del buon padre di famiglia.
Se si voleva elevare il livello di sicurezza dei mezzi utilizzati la strada più opportuna era quella di creare una agenzia di qualificazione dei mezzi di trasporto per le scuole, anche gestita dalle stesse aziende di trasporto, in grado di garantire standard di sicurezza più elevati rispetto alla normativa vigente e in grado di assumersi tutte le responsabilità del caso.
La nota riguarda solo l’uso di “mezzo di trasporto a noleggio con conducente” escluso il trasporto pubblico (anche se svolto da aziende private, spesso le stesse che fanno anche servizi privati) e il treno, chissà perché.
Comunque temo che la situazione potrà solo peggiorare e note di questo tipo emanate da una qualche direzione generale del ministero sono destinate ad aumentare dopo che sarà entrata in vigore la pessima riforma costituzionale approvata dal Parlamento dove il precedente punto n) dell’articolo 117 riservava allo Stato le sole “norme generali sull’istruzione” mentre nella formulazione che entrerà in vigore si parla di “disposizioni generali e comuni sull’istruzione”.
Aspettiamoci quindi sempre più circolari e note anche sugli aspetti più elementari della vita scolastica, ma forse al MIUR non hanno mai smesso di farlo. Ovviamente in nome dell’autonomia.

Non ci resta che sperare nel buon senso delle direzioni generali del ministero (tanto per chiudere con una battuta).