lunedì 12 agosto 2024

Della scuola, della libertà e dei regimi

 

Note a margine 1

Della scuola, della libertà e dei regimi


Il 3 agosto durante un giro turistico bellissimo nella Valle del Reno con i compagni di viaggio ci siamo fermati a visitare l’Ordensburg Volgelsang Uno dei tre centri di formazione progettati dai nazisti. Questo è stato costruito nel 1934 come luogo di selezione e istruzione per futuri dirigenti del partito. La struttura non è mai stata terminata completamente, ma viste le dimensioni poteva ospitare qualche centinaio di studenti. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale parecchi di questi studenti furono subito utilizzati nel conflitto, sembra soprattutto sul fronte orientale con ruoli importanti e alcuni si resero colpevoli anche di atrocità verso le popolazioni. La loro formazione prevedeva l’esaltazione della razza ariana e il disprezzo per tutti gli altri popoli.

Il centro fu occupato dalle forze americane che non trovarono alcuna opposizione nel 1945 e mitragliarono e distrussero diversi simboli nazisti presenti, se ne possono vedere le tracce sul monumento del tedoforo che era stato trasportato qui dopo le Olimpiadi di Berlino del 1936. Fino al 2005 rimase una struttura militare prima americana e poi dei soldati belgi dopo di che è iniziato un recupero degli edifici che lo hanno trasformato in un centro studi sull’ideologia nazista.

Esiste una mostra permanente che analizza alcuni aspetti degli studenti che erano stati selezionati e le attività che vi si svolgevano. Alcuni titoli dei pannelli: il desiderio di ascesa sociale, il fascino dell’obbedienza e della vita quotidiana organizzata dall’alto, lo studio e l’attività fisica, il culto della virilità, l’uomo nuovo sano, il limite della trasgressione e della violenza. I pannelli hanno didascalie solo in tedesco che lasciano un po’ l’impressione che si voglia far intendere che questa sia una questione loro. Una sintetica brochure è disponibile in tedesco, inglese e francese

Il centro si occupa di continuare a raccogliere documentazione e organizzare seminari di studio sull’ideologia nazista non tanto analizzando gli effetti sulle vittime ma invece puntando sulle caratteristiche degli aderenti al nazismo. È questo, sembra, un nuovo filone di ricerca storico-sociale a partire dalla constatazione della “banalità del male”, oppure si pensi al recente film “La zona d’interesse”. Qui invece si percepisce che “il male” era organizzato e i “quadri dirigenti” istruiti e formati per eseguirlo senza ripensamenti.

Gli edifici sono anche in parte utilizzati come centro informativo ed espositivo per il Parco Nazionale Eifel entro cui la struttura ora si trova.

La visita pone comunque una serie di inquietudini e questioni.

La prima riguarda l’istruzione e vi trovo qui una ulteriore smentita dell’asserzione che l’innalzamento del livello di istruzione porta automaticamente a una maggiore libertà nelle persone e nella società.

Tutti i regimi dittatoriali del Novecento si sono preoccupati di gestire direttamente le modalità e i contenuti della formazione degli studenti. Questa attività assieme all’uso della propaganda era funzionale alla creazione del consenso della popolazione verso l’unica verità che era quella proclamata dal regime. Non solo il livello popolare di massa è stato coinvolto in questa operazione, ma anche diversi esponenti della “cultura alta” aderiscono convintamente ai contenuti dell’ideologia nazista, non solo per opportunismo, si pensi da Heidegger, Carl Smith, il premio Nobel per la letteratura del 1920 Hansun, Lorenz, Evola, Eliade, Eliot, tra i più citati. La cultura di per sé non ha messo al riparo da adesione a ragionamenti e comportamenti razzisti e di sostegno al genocidio.

Mi sentirei di fare un distinguo per l’adesione al fascismo in Italia, al di là degli opportunisti, oppure dei più organici come Gentile, Marinetti, D’Annunzio e Piacentini, ci fu una adesione particolare al fascismo delle origini, alla dimensione rivoluzionaria antiaccademica che rappresentava; penso soprattutto agli architetti razionalisti Persico, Pagano, Terragni, Banfi, Belgioioso che finirono poi per essere vittime direttamente o indirettamente proprio del fascismo e del nazismo.

La cultura e l’istruzione di per sé non favoriscono automaticamente una maggiore libertà o capacità critica nella popolazione, dipende da come è gestita.

Qualche dubbio in merito mi viene anche ad uno sguardo sulle società “libere e democratiche” occidentali. Quanta responsabilità ha la scuola statale occidentale sul fenomeno evidenziato da Pasolini in merito alla “omologazione culturale”? Oppure sulla diffusione di un pensiero irrazionale e antiscientifico, al ritorno ai concetti razzisti, di violenza gratuita. Non mi sembra che siano solo pensieri pessimisti di chi sta invecchiando.

Non dico che bisognerebbe “descolarizzare la società” come diceva Illich, ma probabilmente de-istituzionalizzare la scuola sì.

Una seconda riflessione riguarda l’architettura di questa “edilizia scolastica”. La visita degli interni è possibile solo se guidata in tedesco o in inglese, ma si può visitare liberamente dall’esterno tutto il complesso degli edifici dei dormitori, della mensa, delle aule, della sala cinematografica e delle attrezzature sportive, nonché gli edifici di servizio come un sanatorio e gli edifici per il personale di servizio.

L’insieme è un complesso molto funzionale, organizzato ben distribuito sul versante della collina, con gli edifici affacciati al paesaggio a sfruttare l’illuminazione naturale e l’esposizione solare, il tutto però rivestito di una pietra calcarea grigio scura che intristisce e incupisce ulteriormente l’insieme. Ne risulta una specie di razionalismo rivestito di “vernacolare” richiamo al medioevo. Il lavoro di recupero ha inserito delle cornici significative di un verde vivo su alcuni ingressi principali e su alcune aperture a contrastare la tetraggine degli edifici esistenti. Mi viene da fare il confronto con la Bauhaus di Gropius costruita a Dessau qualche anno prima, intonaci bianchi, grandi vetrate, volumi che si liberano nello spazio, tutta roba che il regime farà chiudere come arte degenerata. Anche l’architettura è in grado di interpretare e rappresentare lo spirito e le idee che la sottendono.

Un’ultima riflessione riguarda il paesaggio. Il complesso si trova ora all’interno del grande Parco Nazionale Eifel. All’origine la collocazione era stata scelta per l’isolamento che permette di eliminare le distrazioni e un maggior controllo sugli studenti, inoltre la collocazione privilegia una vista molto suggestiva sui boschi, i laghi sottostanti la collina in un paesaggio naturalistico primordiale. Nonostante la bellezza del paesaggio, qualche elemento di inquietudine rimane, forse rifacendomi proprio al concetto di paesaggio maturato in questi anni. Nel paesaggio esiste senz’altro la dimensione geografica, naturalistica, socioeconomica, la bellezza che tocca la corda della sensibilità personale. E’ nella interpretazione del paesaggio che ne fa Emilio Sereni nella sua basilare “Storia del paesaggio agrario italiano” che interpreto la mia inquietudine, il paesaggio come “un fare, un farsi, di quelle genti vive: con le loro attività produttive, con le loro forme di vita associata, con le loro lotte, con la lingua …”.

Il paesaggio ha anche una dimensione antropologica e il sublime naturalistico fa i conti con chi ha abitato in questo modo questo paesaggio.

Alla fine della visita un dubbio: ma se avessero lasciato andare in decadenza questa struttura come un brandello della storia terribile del Novecento si sarebbe potuto realizzare un centro studi e documentazione sull’ideologi nazista da qualche altra parte? Senz’altro il centro turistico di accoglienza del Parco Nazionale Eifel si sarebbe potuto fare da un’altra parte.