Tecnici e tecnici laureati
Si legge oggi sul quotidiano Scuola 24 che il governo
intende rafforzare il canale della formazione terziaria non accademica tramite
gli ITS http://www.scuola24.ilsole24ore.com/?cmpid=nlqs . Ma ancora una volta non si può che prendere
atto di una mancanza di strategia generale coerente sul sistema scolastico da
parte del governo e delle forze di maggioranza. E’ di pochi giorni fa la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della L. 89/2016 che converte in legge il
DL 42/2016 “Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema
scolastico e della ricerca”. Il DL era composto da solo quattro articoli, ma al
Senato sono diventati undici e questi poi definitivamente approvati dalla
Camera, per cui anche la ricerca del testo non è molto agevole.
L’art. 1 septies della L. 89/2016 prevede che per accedere
all’esame di stato per lo svolgimento della libera professione di “perito
industriale” non sarà più indispensabile il titolo conseguito con lo specifico
diploma della scuola secondaria e relativo praticantato, ma, salvo
riconoscimenti temporali dei percorsi in atto, sarà indispensabile la laurea di
primo livello.
Il tema è quello del riconoscimento della libera professione
in Europa. Su questo la scelta del percorso accademico è già stata fatta negli
scorsi anni. Si poteva accedere agli esami di stato per la libera professione
di perito industriale, e si può continuare a farlo per la professione del
geometra, obbligatoriamente con il possesso dello specifico titolo rilasciato
dalla scuola secondaria e praticantato. A sua volta il tirocinio o praticantato
può essere sostituito da un percorso IFTS di almeno quattro semestri o da
percorsi ITS o da una laurea di primo livello. Ma non mi pare che questi
percorsi abbiano avuto molto successo, per una ragione molto semplice, essendo
in possesso di una laurea di primo livello in ingegneria non si capisce perché
il tecnico debba iscriversi al Collegio dei Geometri o dei Periti Industriali
invece che all’Ordine degli Ingegneri (B o junior), avendo frequentato un corso
accademico non specifico.
Come si vede la legge non va nella direzione della
valorizzazione degli ITS auspicato dal governo in quanto ai diplomati ITS non
sarà consentito l’accesso alla libera professione.
Da qualche mese le facoltà di ingegneria italiane si stanno
muovendo per riformulare la proposta formativa nel settore, prevedendo un
percorso triennale più professionalizzante ed uno, separato, quinquennale più
accademico, non più quindi il 3+2. Gli esempi stranieri di riferimento, citati
anche dagli articoli di Scuola 24 sono le Fachhochschulen tedesche, che sono si
incardinate sulle università ma con una forte autonomia didattica e gestionale;
gli Institutes universitaires de Technologie (IUT) francesi, ma anche in questo
caso bisogna ricordare che in Francia esiste parallelamente anche la Section de
Technique Supérieure (STS) che invece sono collegate ai lyceés; e l’esperienza
del SUP svizzere che invece sono totalmente autonome dal mondo accademico.
Visti i numeri esigui della formazione terziaria non
accademica in Italia non so se il sistema è in grado di reggere due canali
paralleli, quello dell’ITS e quello universitario. Se la scelta per quanto
riguarda la libera professione propende per il canale universitario questo
dovrà avere una impostazione didattica significativamente non accademica e
professionalizzante.
La scelta ha una ricaduta significativa anche sugli
ordinamenti dell’istruzione tecnica della scuola secondaria (che in questa fase
non sembra avere voce in capitolo), viene meno la specificità del titolo di
studio per poter accedere alla libera professione.
Se si prende ad esempio l’esperienza svizzera, il canale
della formazione tecnica prevede un percorso secondario di quattro anni con una
uscita che non permette la libera professione ed un proseguimento nella Scuola
Universitaria Professionale per chi vuole accedere ad un livello superiore che
permette la libera professione in ambito tecnico. Se uno studente svizzero dopo
cinque anni di formazione liceale intende cambiare percorso e accedere alla SUP
deve fare un anno di passaggio, soprattutto di stage, perché non avrebbe le
competenze necessarie per affrontare una SUP.
Sempre da notizie di stampa dei mesi scorsi anche il
Collegio dei Geometri ha attivato un tavolo di lavoro con il MIUR per
ridefinire il percorso formativo, penso sarebbe utile che a questo tavolo si
esprimesse anche la scuola secondaria.
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