Ricordi belluschesi 9
I boschetti di robinie
Venendo da Vimercate verso Bellusco dal provinciale, nella
stagione estiva, ci si presenta un paesaggio molto significativo. Una cortina
di alberi copre il paese ma da questa emergono come presenza significativa la
chiesa e il campanile. Anche poi svoltando per entrare nell’abitato una bella
quinta di robinie introduce scenograficamente il paese. Sembra quasi di entrare
in un bosco per poi arrivare nella radura e trovare le case.
Mi ricordo che si era espresso più o meno in questi termini
anche il Cardinale Martini durante la sua visita pastorale a Bellusco
Questo importante elemento del paesaggio è caratterizzato
dalla presenza della robinia, il nome botanico è Robinia pseudoacacia, è una
pianta originaria dell’America del Nord, leggiamo su Wikipedia: “Fu
importata in Europa dall'America del Nord nel 1601 da Jean Robin, farmacista e
botanico del re di Francia Enrico IV. L'esemplare proveniva dalla Virginia.
Secondo la maggior parte delle fonti, nel 1601 Jean Robin ne piantò un
esemplare nell'attuale piazza René Viviani, sulla Rive gauche, nei pressi della
chiesa di Saint-Julien-le-Pauvre; esso è ancora esistente, anche se danneggiato
nella parte più alta della chioma dai bombardamenti della Prima guerra mondiale
e sostenuto da tre pilastri in cemento. Ciononostante, continua a fiorire ogni
primavera, da oltre quattrocento anni. Dei più di 370.000 alberi dei viali e
parchi parigini quest'esemplare è comunemente considerato il più antico, oltre
ad essere l'acacia più longeva d'Europa. È presente nell'elenco ufficiale degli
"alberi notevoli di Francia" (Arbres remarquables de France) ed ha
una circonferenza di circa 3,90 metri”.
Dalla fine del Settecento da albero ornamentale botanico si
è diffuso come coltivazione produttiva. In quel periodo c’è stato un forte
aumento del prezzo del granoturco e un po’ come noi ora seguiamo il prezzo del
petrolio, allora i forti cambiamenti economici erano determinati dai prezzi dei
prodotti agricoli. Il governo austriaco emana una serie di provvedimenti
economici per incentivare la produzione del mais promuovendo il disboscamento
delle aree, anche quelle meno produttive come le brughiere.
Anche nel territorio di Bellusco spariscono in quegli anni
boschi di “essenze forti”. Il legname però continua ad essere la principale
fonte energetica da riscaldamento per cui si piantano sulle rive e i dislivelli
del terreno dovute a ragioni geologiche, difficilmente coltivabili, boschetti
di robinie.
La fortuna di questa pianta è determinata da diversi
fattori: una crescita molto rapida tanto da permettere un taglio
produttivamente efficace in tre anni, una riproduzione molto intensa per
polloni direttamente dalle radici, tanto da farla ritenere una pianta
infestante per gli altri tipi di bosco, la produzione di legname molto duro e resistente
all’acqua utile per la paleria, gli attrezzi ma anche le scale a pioli. Per i
montanti laterali delle scale a pioli si sceglieva una pianta bella dritta e la
si lasciava crescere anche più di tre anni in modo vere un tronco della
dimensione utile, la pianta assumeva il titolo di “scalet”. I fiori, “laciarei”
sono commestibili e posso essere utilizzati nelle frittelle. Il fusto e le
foglie sono tossici anche se qualcuno racconta che la corteccia era utilizzata
per cicatrizzare le ferite da taglio.
Tra sette e ottocento quindi anche il paesaggio belluschese
si è molto trasformato popolandosi dei boschetti di robinie, la collocazione di
questi boschetti poco profondi disegnavano comunque una specie di enclave, un
dentro che era il paese e un fuori che neanche si vedeva e diventa lontano,
separando, a volte, anche l’abitato dalle frazioni.
Venendo un po’ meno la funzione economica la permanenza di
questi boschetti è determinata proprio dalla persistenza della robinia che a
noi mantiene una certa variabilità ecologica, dei corridoi ecologici nord sud
per la fauna e un paesaggio che riconcilia l’anima.
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