martedì 16 dicembre 2025

 

Dal cortile al condominio

Prima parte: gli anni ’50 del secolo scorso

Il passaggio da contadino ad operaio è stato un percorso non breve nella storia dell’area a Nord di Milano. Per diverso tempo la figura dell’operaio-contadino ha caratterizzato la via della prima rivoluzione industriale italiana; la situazione si protrasse ancora più a lungo nell’area del Vimercatese.

Il passaggio porta con sé anche un nuovo modo di abitare. Lo si può notare nella costruzione che chiamiamo “La Palazzina” in via Castello, ora dietro l’edifico dove ha sede la Banca Popolare di Milano. In questo caso non ci sono più né stalle né fienili: siamo in presenza della classica “casa di ringhiera” con il bagno in comune in fondo al ballatoio. L’edificio è già presente nella mappa catastale del 1858 ed è molto diverso dagli edifici che costituivano l’abitato del paese perché non va a formare un cortile chiuso ma si presenta come un edificio isolato. Contemporaneamente si continuano comunque a costruire cascine agricole, tendenzialmente fuori dal centro abitato come Cascina Mosca, l’ampliamento di Cascina San Martino o ricostruite come Cascina Bellana.

L’abbandono consistente delle attività agricole avviene nel secondo dopoguerra, mentre negli anni Venti del Novecento le grandi proprietà terriere dismettono i propri investimenti vendendo ai singoli affittuari le case e i terreni. Venendo meno la funzione agricola, anche dentro i cortili si assiste alla trasformazione dei rustici, delle stalle e dei fienili in abitazioni come, ad esempio, nel corpo sud della Corte Stalle di Mantova. Si chiudono i porticati, si abbandona il servizio igienico nel cortile o nella stalla per inserirlo nelle abitazioni.

Un nuovo tipo di abitazione compare tra gli anni ’40 e ’50 dello scorso secolo: quello della casa singola, spesso autocostruita il sabato e la domenica con l’aiuto del parentado.

La più semplice è ad un piano, senza cantina. Un corridoio centrale divide i locali a destra e a sinistra, due, tre, a volte in totale quattro; in fondo al corridoio è sistemato il bagno.

Se è presente la cantina, anche solo sotto una sola parte dell’edificio, la soluzione è quella del piano rialzato fuori terra per circa 1 metro; in questo caso la presenza dei gradini può essere l’occasione per realizzare un pianerottolo movimentando la composizione con lo slittamento delle due parti dell’edificio. Alcuni di questi edifici sono invece a due piani fuori terra.



La tecnica costruttiva è quella dei muri portanti in muratura piena con i solai, il laterizio e i travetti armati con l’acciaio (il ferro) in qualche modo recuperato. Non essendoci pilastri, le strutture orizzontali non sono delle travi ma delle semplici “corree” direttamente appoggiate ai muri portanti. Per questa tecnica costruttiva, vengono chiamati “corree” gli insediamenti che hanno dato origine a dei quartieri. A Bellusco si nota una maggiore presenza intorno a via de Amicis. La normativa urbanistica vigente era quella del Codice civile che prevedeva una distanza dai confini di proprietà di 1,5 m e la distanza tra edifici di 3 m; anche lo spazio che viene lasciato per la strada è di circa 3 m.

L’abbandono dell’agricoltura verso l’industria è stato determinato anche da un drammatico episodio storico: l’alluvione del Polesine nel novembre 1951 che ha originato una consistente emigrazione di quei contadini verso la Lombardia e il Piemonte.

Il tema dell’abitazione popolare era uno dei cavalli di battaglia dell’architettura “razionalista” in tutta l’Europa degli anni ‘20 e ’30; anche gli architetti italiani parteciparono a questa ricerca.

Se negli anni delle espansioni urbane delle città europee, il tema era quello di dare abitazioni dignitose ai nuovi arrivati, nel dopoguerra il tema è la ricostruzione. L’architetto Bottoni progetterà a Milano il QT8 (quartiere della ottava triennale di architettura).

Nel 1949 viene approvata la “Legge Fanfani” dal titolo “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori”. Come si capisce dal titolo, lo scopo principale è aiutare la crescita economica generale nel paese, con l’assunto che, incentivando l’edilizia, si sarebbe messa in moto anche il resto dell’economia tramite l’indotto e la redistribuzione del reddito. Un concetto tuttora praticato.

I fondi per questo grande piano di investimenti vengono recuperati in parte da detrazioni dalle buste paga dei lavoratori, da contributi a carico delle aziende e direttamente dallo Stato, gestiti da un ente nazionale INA Casa che finanzia direttamente i soggetti attuatori. Nel caso milanese l’Istituto Autonomo Case Popolari di Milano (IACPM); i principali architetti contemporanei italiani partecipano alla realizzazione di questi progetti.

A Bellusco il primo edificio INA Casa è la palazzina di via Italia n 21 costruita nel 1952.

L’edificio ha tre piani fuori terra, due vani scala che distribuiscono due appartamenti per piano, gli appartamenti a destra hanno una camera, un soggiorno con cucinino e il bagno, quelli a sinistra hanno due camere. Il modulo poteva essere ripetuto più volte in lunghezza, frutto delle ricerche tipologiche degli anni ’20.


La tecnica costruttiva è ancora quella dei muri portanti perimetrali e del muro di spina centrale in mattoni, i solai in laterizio e calcestruzzo armato. Nella pratica edilizia conservata negli archivi comunali c’è una pianta con disegnati a matita dei pilastri nella parte del muro centrale di spina. Nel collaudo statico dell’edificio non si fa cenno a questi pilastri ma solo dei solai e degli architravi che collegano le parti di muro portante per realizzare luci più grandi, i balconi e la scala. Non erano previsti i box ma l’assegnazione di orti a mantenere il legame con dell’attività agricola e l’autosostentamento.

Il progettista è l’architetto Eugenio Gentili Tedeschi, tra i principali esponente del movimento dei “razionalisti italiani”, nato a Torino nel 1916, morto a Milano nel 2005. È stato amico di Primo Levi e con lui partigiano in Valle d’Aosta. Docente alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano per tantissimi anni.

In paese crescono anche le attività commerciali, con la necessità di demolire parzialmente i muri perimetrali delle vecchie costruzioni per ricavare ingressi e vetrine dei negozi. Sono coinvolte le principali vie del paese: via Dante, via Garibaldi, via Bergamo, via Castello, via Manzoni e via Vaghi a Cantone. Nel ’56 la parrocchia si dota di una nuova sala di cine-teatro e nel ’57 viene costruito, in angolo di via Suardo, il Cinema Roma.

Nel ’57 viene costruita la palazzina “Rigamonti” in fondo a via Santa Giustina. Come nei cortili abitavano famiglie imparentate, così anche in questa nuova tipologia della palazzina a tre piani con sei appartamenti si ripete la tradizione di vicinato parentale.

E’ del ’57 anche la palazzina ad angolo tra via Montegrappa e via Battisti

Sempre nel ’57 si costruisce il primo dei condomini “Mandelli” in via Garibaldi, quello fronte strada. Inizialmente il progetto prevedeva quattro piani fuori terra; in corso d’opera si procede con una variante per la realizzazione del quinto piano arretrato rispetto al filo stradale. Il condominio realizza quattro negozi al piano terra, in uno di questi troverà sede per qualche anno anche l’ambulatorio del medico condotto. La scelta tipologica non è molto usuale, le due scale disimpegnano ognuna un solo appartamento per piano. La struttura portante in questo caso è fatta da pilatri e travi in calcestruzzo armato con fondazione a plinto.

Struttura portante interamente in calcestruzzo armato è anche il condominio “Vismara” in via Ornago 31, del ’59, anche in questo caso tre piani e due appartamenti per piano.

Alla fine degli anni Cinquanta anche a Bellusco la tipologia a condominio si presenta come la scelta della modernità, della salubrità, delle comodità e dei servizi in alternativa alle abitazioni nei cortili.



Nessun commento:

Posta un commento