domenica 10 gennaio 2016

La scuola nella modifica del Titolo V della Costituzione

Il procedimento di modifica della Costituzione iniziato dal Governo Renzi oltre a modificare il ruolo e la composizione del Senato, modifica anche altri articoli tra cui il 117.
Questo articolo è già stato modificato dalla riforma Bassanini con l’intento di introdurre un organizzazione più federalista dello Stato, secondo un principio di affidare maggiore autonomia alle Regioni, in una ottica di sussidiarietà verticale che spostava più vicino ai cittadini gli ambiti delle decisioni politiche. L’articolo individuava infatti quali erano le materie che rimanevano di esclusiva competenza dello Stato, le materie definite di “legislazione concorrente” in cui la potestà legislativa era assegnata alle Regioni salvo la definizione dei principi generali che era compito della legislazione statale, mentre rimaneva di competenza legislativa regionale tutto quello che non era definito nei due commi precedenti.
La necessità di intervento sull'articolo 117 è stato motivato dal frequente conflitto di competenza che si è generato tra Stato e Regioni sulle materie di legislazione concorrente. In realtà c’è stata una mancanza di volontà politica da parte degli organi ministeriali ad applicare correttamente l’articolo, soprattutto nel non definire i principi generali di propria competenza, nel rallentare i lavori della “conferenza Stato Regioni” che avrebbe dovuto affrontare e risolvere sia i conflitti di competenza senza arrivare alla Corte Costituzionale, sia un lavoro di armonizzazione delle legislazioni regionali. La maggior parte delle Regioni non ha sostenuto con convinzione il nuovo ruolo assegnato dalla Costituzione, rifuggendo dalla responsabilità che comporta ogni autonomia
Per quanto riguarda la scuola era di competenza esclusiva dello stato la definizione delle “norme generali sull'istruzione”, mentre era oggetto di legislazione concorrente e quindi di competenza regionale nel rispetto delle norme generali dello Stato, “l’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”. L’esclusione dell’istruzione e della formazione professionale dalla legislazione concorrente era motivata dal fatto che questa rientrava nella legislazione esclusiva delle Regioni la cui potestà legislativa non ha bisogno di una norma generale dello Stato.
La modifica dell’art. 117 che è stata approvata nelle prime delle quattro approvazioni previste per una modifica costituzionale, ha un impronta neo-centralista, toglie poteri alle Regioni per conferirle allo Stato.
Diventano di competenza esclusiva dello Stato non più le “norme generali” ma le “disposizioni generali e comuni sull'istruzione; ordinamento scolastico”. Dalla norma alla disposizione c’è proprio un passaggio agli aspetti direttamente applicativi definiti centralmente, rafforzati dagli aggettivi: generali e comuni. Così il ministero dell’istruzione che non ha mai creduto nell'applicazione della modifica costituzionale precedente continuerà a emanare quantità sempre più consistenti di circolari ministeriali, circolari applicative e chiarimenti su ogni dettaglio della vita scolastica e il ministro di turno si compiacerà di assumere il ruolo del “preside d’Italia”.
Ci sono, ad esempio, insegnanti che obbiettano alla possibilità di usare diversi “device” elettronici per l’esistenza di una circolare ministeriale che vieta l’uso del cellulare in classe.
Sembrano lontani i tempi in cui approvando la legge sull'autonomia scolastica l’allora ministro L. Berlinguer affermava che tutto quello che non era vietato lo si sarebbe potuto fare.
In realtà il lavoro della commissione e del parlamento ha peggiorato il testo del governo che prevedeva il mantenimento della dizione “Norme generali sull'istruzione; ordinamento scolastico”. Chiarendo che le norme sull'ordinamento scolastico rientrano tra le competenze dello Stato.
L’attuale riforma elimina totalmente il comma sulla legislazione concorrente, proprio quando contemporaneamente si trasforma il Senato nel Senato delle Regioni. Lì si sarebbe potuto trovare un ambito istituzionale per la valutazione degli ipotetici conflitti tra Stato e Regioni e  si sarebbe potuto svolgere un ruolo di armonizzazione tra le normative regionali, come ad esempio la regolamentazione e il riconoscimento dei titoli della formazione professionale.
Il quarto comma diventa: “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di […];.salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di istruzione e formazione professionale, di promozione del diritto allo studio, anche universitario;” Il riferimento all'autonomia scolastica rischia di diventare del tutto pleonastico visto che lo stato si è tenuto il diritto di dettare disposizioni generali e comuni e giuridicamente la norma costituzionale prevale su quella ordinaria.
La competenza legislativa rimane sull'istruzione e la formazione professionale e sui “servizi scolatici” e qui bisognerà di nuovo capire cosa si intende per servizi scolastici, si potrebbe andare da una visione ampia per cui la scuola in sé è un servizio pubblico, ad una più ristretta in cui la legislazione regionale è competente solo per gli aspetti accessori come il calendario scolastico, magari l’edilizia scolastica delle scuole di secondo grado visto che non ci saranno più le province, ma addio ad ogni ipotesi di decentramento della gestione effettiva della scuola, compreso il personale.
L’operazione neo-centralista riguarda anche altri settori come gli enti locali, il turismo, la cultura, la protezione civile, per la scuola c’è il rischio che finisca una stagione che non è mai cominciata.

La procedura prevede altri  passaggi alle camere come si potrebbe contribuire a far cambiare idea al Parlamento, almeno per togliere armi all'apparato ministeriale?

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