Il procedimento di modifica della Costituzione iniziato dal
Governo Renzi oltre a modificare il ruolo e la composizione del Senato,
modifica anche altri articoli tra cui il 117.
Questo articolo è già stato modificato dalla riforma
Bassanini con l’intento di introdurre un organizzazione più federalista dello
Stato, secondo un principio di affidare maggiore autonomia alle Regioni, in una
ottica di sussidiarietà verticale che spostava più vicino ai cittadini gli
ambiti delle decisioni politiche. L’articolo individuava infatti quali erano le
materie che rimanevano di esclusiva competenza dello Stato, le materie definite
di “legislazione concorrente” in cui la potestà legislativa era assegnata alle
Regioni salvo la definizione dei principi generali che era compito della
legislazione statale, mentre rimaneva di competenza legislativa regionale tutto
quello che non era definito nei due commi precedenti.
La necessità di intervento sull'articolo 117 è stato
motivato dal frequente conflitto di competenza che si è generato tra Stato e
Regioni sulle materie di legislazione concorrente. In realtà c’è stata una
mancanza di volontà politica da parte degli organi ministeriali ad applicare
correttamente l’articolo, soprattutto nel non definire i principi generali di
propria competenza, nel rallentare i lavori della “conferenza Stato Regioni”
che avrebbe dovuto affrontare e risolvere sia i conflitti di competenza senza
arrivare alla Corte Costituzionale, sia un lavoro di armonizzazione delle
legislazioni regionali. La maggior parte delle Regioni non ha sostenuto con
convinzione il nuovo ruolo assegnato dalla Costituzione, rifuggendo dalla
responsabilità che comporta ogni autonomia
Per quanto riguarda la scuola era di competenza esclusiva
dello stato la definizione delle “norme generali sull'istruzione”, mentre era
oggetto di legislazione concorrente e quindi di competenza regionale nel
rispetto delle norme generali dello Stato, “l’istruzione, salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale”. L’esclusione dell’istruzione e della formazione
professionale dalla legislazione concorrente era motivata dal fatto che questa
rientrava nella legislazione esclusiva delle Regioni la cui potestà legislativa
non ha bisogno di una norma generale dello Stato.
La modifica dell’art. 117 che è stata approvata nelle prime
delle quattro approvazioni previste per una modifica costituzionale, ha un
impronta neo-centralista, toglie poteri alle Regioni per conferirle allo Stato.
Diventano di competenza esclusiva dello Stato non più le
“norme generali” ma le “disposizioni generali e comuni sull'istruzione;
ordinamento scolastico”. Dalla norma alla disposizione c’è proprio un passaggio
agli aspetti direttamente applicativi definiti centralmente, rafforzati dagli
aggettivi: generali e comuni. Così il ministero dell’istruzione che non ha mai
creduto nell'applicazione della modifica costituzionale precedente continuerà a
emanare quantità sempre più consistenti di circolari ministeriali, circolari
applicative e chiarimenti su ogni dettaglio della vita scolastica e il ministro
di turno si compiacerà di assumere il ruolo del “preside d’Italia”.
Ci sono, ad esempio, insegnanti che obbiettano alla possibilità di usare
diversi “device” elettronici per l’esistenza di una circolare ministeriale che
vieta l’uso del cellulare in classe.
Sembrano lontani i tempi in cui approvando la legge
sull'autonomia scolastica l’allora ministro L. Berlinguer affermava che tutto quello che non
era vietato lo si sarebbe potuto fare.
In realtà il lavoro della commissione e del parlamento ha
peggiorato il testo del governo che prevedeva il mantenimento della dizione
“Norme generali sull'istruzione; ordinamento scolastico”. Chiarendo che le
norme sull'ordinamento scolastico rientrano tra le competenze dello Stato.
L’attuale riforma elimina totalmente il comma sulla
legislazione concorrente, proprio quando contemporaneamente si trasforma il
Senato nel Senato delle Regioni. Lì si sarebbe potuto trovare un ambito
istituzionale per la valutazione degli ipotetici conflitti tra Stato e Regioni
e si sarebbe potuto svolgere un ruolo di armonizzazione tra le normative
regionali, come ad esempio la regolamentazione e il riconoscimento dei titoli
della formazione professionale.
Il quarto comma diventa: “Spetta alle Regioni la potestà
legislativa in materia di […];.salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche,
in materia di servizi scolastici, di istruzione e formazione professionale, di
promozione del diritto allo studio, anche universitario;” Il riferimento
all'autonomia scolastica rischia di diventare del tutto pleonastico visto che
lo stato si è tenuto il diritto di dettare disposizioni generali e comuni e
giuridicamente la norma costituzionale prevale su quella ordinaria.
La competenza legislativa rimane sull'istruzione e la
formazione professionale e sui “servizi scolatici” e qui bisognerà di nuovo
capire cosa si intende per servizi scolastici, si potrebbe andare da una
visione ampia per cui la scuola in sé è un servizio pubblico, ad una più
ristretta in cui la legislazione regionale è competente solo per gli aspetti accessori
come il calendario scolastico, magari l’edilizia scolastica delle scuole di
secondo grado visto che non ci saranno più le province, ma addio ad ogni
ipotesi di decentramento della gestione effettiva della scuola, compreso il
personale.
L’operazione neo-centralista riguarda anche altri settori
come gli enti locali, il turismo, la cultura, la protezione civile, per la
scuola c’è il rischio che finisca una stagione che non è mai cominciata.
La procedura prevede altri passaggi alle camere come si
potrebbe contribuire a far cambiare idea al Parlamento, almeno per togliere
armi all'apparato ministeriale?
Grande prof. :-)
RispondiElimina