mercoledì 3 febbraio 2016

Il cervello degli adolescenti

Una recensione

Frances E. Jensen con Amy Ellis Nutt “Il cervello degli adolescenti” Modadori, milano 2015, pp 328, € 22,00 (formato kindle € 10,99)


L’autrice è una neurologa americana con esperienza clinica e di ricercatrice, nonché madre single di due figli maschi adolescenti. Si è impegnata negli anni in una azione di divulgazione delle sue ricerche con conferenze per i genitori e nelle scuole, questo ha contribuito a rendere questo testo con un taglio divulgativo e veramente alla portata di tutti (inoltre il libro ha come coautrice una giornalista).
I risultati della ricerca sul cervello degli adolescenti porta l’autrice e altri ricercatori ad affermare che “Dal punto di vista fisiologico, il cervello dei ragazzi continua a essere forgiato dall’ambiente ben oltre i 25 anni.” (pg.11). Dopo aver illustrato la differenza tra il ruolo della corteccia cerebrale (la sostanza grigia) e la “sostanza bianca” che sta al disotto e che ha il ruolo di permettere le connessioni con le varie parti del cervello, lo studio, anche attraverso l’uso della risonanza magnetica (citata con l’acronimo MRI nel testo), ha dimostrato che:” il cervello di un adolescente è una sorta di paradosso. Poiché ha una sovrabbondanza di sostanza grigia (i neuroni che costituiscono i fondamentali mattoni del cervello) e un insufficiente rifornimento di sostanza bianca (l’insieme delle connessioni che consente agli imput di viaggiare in maniera efficiente da una parte all’altra del cervello), somiglia a una Ferrari nuova di zecca: ha tutti i meccanismi perfettamente funzionanti e al massimo della loro potenzialità, ma non è ancora stato rodato. In altre parole, su di giri, ma non sa bene dove andare.” (pg.30).
Altra condizione fisiologica che gli studi citati evidenziano è che negli adolescenti la parte del cervello costituito dai lobi frontali non sono ancora del tutto completi e non ben connessi con il resto. “I lobi frontali si trovano nella parte anteriore dei due emisferi e presiedono alla funzione esecutiva, al giudizio, all’intuizione e al controllo degli impulsi. Particolare importante, quando il cervello si sviluppa dalla parte posteriore a quella anteriore, negli anni dell’adolescenza, i lobi frontali appaiono i meno maturi e i meno interconnessi rispetto agli altri.” (pg 39). “Insomma, il cervello adolescente ha percorso solo l’80 per cento della strada verso la maturità.” (pg 41) Questa condizione sarebbe la causa principale dei comportamenti degli adolescenti che possono portare anche ad azioni pericolose per sé e per gli altri.
Lo studio ha anche permesso di inquadrare in una nuova prospettiva la funzione ormonale che fisiologicamente era ritenuta la causa principale dell’influenza sui comportamenti incostanti, irascibili e spavaldi degli adolescenti. Lo studio sugli ormoni sessuali nella ricerca del XX secolo in questo campo ha forse enfatizzato il ruolo di questa sostanza chimica nel cervello, facendo coincidere l’adolescenza con la pubertà, mentre secondo la Jensen i problemi legati allo sviluppo del cervello degli adolescenti va oltre il periodo della pubertà e si associa alle altre due cause evidenziate, lobi frontali incompleti e inefficienza della “sostanza bianca”.
“Gli ormoni sessuali sono particolarmente attivi nel sistema limbico, che è il centro emozionale del cervello. Questo spiega in parte perchè gli adolescenti siano non solo volubili sotto il profilo emozionale, ma anche inclini a cercare esperienze emotivamente cariche, come un libro che li fa piangere o un ottovolante che li fa urlare. La doppia batosta di un cervello a un tempo stressato e alla ricerca di stimoli, che non è ancora del tutto capace di prendere decisioni mature, colpisce gli adolescenti molto duramente e le conseguenze per le loro famiglie, sono a volte catastrofiche” (pg.25).
L’approccio al problema del comportamento degli adolescenti potrebbe sembrare a questo punto di tipo deterministico e giustificazionista ma l’autrice chiarisce un altro concetto importante: quello della “plasticità” del cervello umano.
“In pratica, il cervello umano si autocostruisce. Non solo risponde alle particolari esigenze e funzioni di un particolare individuo, ma è anche forgiato, in un certo senso modellato come un paesaggio, dalle specifiche esperienze dell’individuo. Nelle neuroscienze, definiamo “plasticità” la capacità straordinaria dell’encefalo umano di plasmarsi. Secondo la teoria della neuroplasticità, pensare, pianificare, imparare, agire sono tutte cose che influenzano la struttura fisica e l’organizzazione funzionale del cervello” (pg.71). Insomma la diatriba tra natura e cultura non si chiude a favore di una o dell’altra.
Il capitolo quinto è interamente dedicato all’apprendimento con la dimostrazione scientifica dell’affermazione che il cervello degli adolescenti è molto più attrezzato per l’apprendimento di altre fasi della vita, anche perché in questa fase il cervello compie una selezione e pulizia delle connessioni delle sinapsi rafforzando quelle più stimolate, una operazione che il testo definisce di “pruning”.  Tenendo conto del funzionamento complessivo del cervello in questa fase gli stimoli che sono in grado di attivare connessioni più significative sono quelle che agiscono sull’eccitazione, si aprirebbe qui una riflessione sulle metodologie didattiche: dalla quantità alla qualità.
La teoria della plasticità se si può trasferire dall’individuo alla società è l’elemento che a volte mi lascia un po’ perplesso sui capitoli successivi del libro che affrontano diverse tematiche specifiche: da quella del sonno, ai rischi, all’uso di sostanze al rapporto con il digitale e al rapporto con la legge. Affermare che gli adolescenti hanno bisogni fisiologici diversi mi pone il dubbio che questi bisogni siano il risultato di comportamenti sociali diversi, sono cioè il risultato e non la causa, dopo di che si può comunque prendere atto che questi cambiamenti sociali sono avvenuti e attrezzarsi meglio per relazionarsi con gli adolescenti.
Nella parte dei vari capitoli in cui l’autrice fornisce consigli ai genitori e adulti in genere su come rapportarsi agli adolescenti nelle varie situazioni emerge la dimensione di mamma, e di una mamma americana ritratta a volte in modo un po’ sarcastico dalla cultura “yiddish” alla Woody Allen , un po’ ossessiva e super controllore dei propri figli con la convinzione dell’efficacia delle prediche degli adulti.

Uno dei consigli che condivido in pieno, è quello di aiutare gli adolescenti ad auto organizzarsi il tempo. Da insegnante delle scuole superiori ho cercato anch’io di convincere i ragazzi in difficoltà a darsi una organizzazione oltre il tempo scuola. I ragazzi nel pomeriggio sono spesso soli e se non hanno una forte determinazione personale rischiano di disperdere il tempo extrascolastico, ho suggerito a volte di costruire anche un orario del pomeriggio, cercando di mettere dentro tutto, gli allenamenti, la serie televisiva, il giro con gli amici e anche lo studio, un orario settimanale del pomeriggio da appendere nella propria cameretta, anche a monito del mancato rispetto (da “rimorso di coscienza” di cultura cattolica). Non ho mai avuto ritorni significativi su questa mia proposta, forse un po’ troppo tayloristica o forse puzza troppo di scuola.

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