Una recensione
Frances E. Jensen con Amy Ellis Nutt “Il cervello degli adolescenti”
Modadori, milano 2015, pp 328, € 22,00 (formato kindle € 10,99)
L’autrice è una neurologa americana con esperienza clinica e
di ricercatrice, nonché madre single di due figli maschi adolescenti. Si è
impegnata negli anni in una azione di divulgazione delle sue ricerche con
conferenze per i genitori e nelle scuole, questo ha contribuito a rendere
questo testo con un taglio divulgativo e veramente alla portata di tutti
(inoltre il libro ha come coautrice una giornalista).
I risultati della ricerca sul cervello degli adolescenti
porta l’autrice e altri ricercatori ad affermare che “Dal punto di vista fisiologico, il cervello dei ragazzi continua a
essere forgiato dall’ambiente ben oltre i 25 anni.” (pg.11). Dopo aver
illustrato la differenza tra il ruolo della corteccia cerebrale (la sostanza grigia)
e la “sostanza bianca” che sta al disotto e che ha il ruolo di permettere le
connessioni con le varie parti del cervello, lo studio, anche attraverso l’uso
della risonanza magnetica (citata con l’acronimo MRI nel testo), ha dimostrato che:” il cervello di un adolescente è una sorta
di paradosso. Poiché ha una sovrabbondanza di sostanza grigia (i neuroni che
costituiscono i fondamentali mattoni del cervello) e un insufficiente
rifornimento di sostanza bianca (l’insieme delle connessioni che consente agli
imput di viaggiare in maniera efficiente da una parte all’altra del cervello),
somiglia a una Ferrari nuova di zecca: ha tutti i meccanismi perfettamente
funzionanti e al massimo della loro potenzialità, ma non è ancora stato rodato.
In altre parole, su di giri, ma non sa bene dove andare.” (pg.30).
Altra condizione fisiologica che gli studi citati
evidenziano è che negli adolescenti la parte del cervello costituito dai lobi
frontali non sono ancora del tutto completi e non ben connessi con il resto. “I lobi frontali si trovano nella parte
anteriore dei due emisferi e presiedono alla funzione esecutiva, al giudizio,
all’intuizione e al controllo degli impulsi. Particolare importante, quando il
cervello si sviluppa dalla parte posteriore a quella anteriore, negli anni dell’adolescenza,
i lobi frontali appaiono i meno maturi e i meno interconnessi rispetto agli
altri.” (pg 39). “Insomma, il
cervello adolescente ha percorso solo l’80 per cento della strada verso la
maturità.” (pg 41) Questa condizione sarebbe la causa principale dei
comportamenti degli adolescenti che possono portare anche ad azioni pericolose
per sé e per gli altri.
Lo studio ha anche permesso di inquadrare in una nuova
prospettiva la funzione ormonale che fisiologicamente era ritenuta la causa
principale dell’influenza sui comportamenti incostanti, irascibili e spavaldi
degli adolescenti. Lo studio sugli ormoni sessuali nella ricerca del XX secolo
in questo campo ha forse enfatizzato il ruolo di questa sostanza chimica nel
cervello, facendo coincidere l’adolescenza con la pubertà, mentre secondo la Jensen
i problemi legati allo sviluppo del cervello degli adolescenti va oltre il
periodo della pubertà e si associa alle altre due cause evidenziate, lobi
frontali incompleti e inefficienza della “sostanza bianca”.
“Gli ormoni sessuali
sono particolarmente attivi nel sistema limbico, che è il centro emozionale del
cervello. Questo spiega in parte perchè gli adolescenti siano non solo volubili
sotto il profilo emozionale, ma anche inclini a cercare esperienze emotivamente
cariche, come un libro che li fa piangere o un ottovolante che li fa urlare. La
doppia batosta di un cervello a un tempo stressato e alla ricerca di stimoli,
che non è ancora del tutto capace di prendere decisioni mature, colpisce gli
adolescenti molto duramente e le conseguenze per le loro famiglie, sono a volte
catastrofiche” (pg.25).
L’approccio al problema del comportamento degli adolescenti
potrebbe sembrare a questo punto di tipo deterministico e giustificazionista ma
l’autrice chiarisce un altro concetto importante: quello della “plasticità” del
cervello umano.
“In pratica, il
cervello umano si autocostruisce. Non solo risponde alle particolari esigenze e
funzioni di un particolare individuo, ma è anche forgiato, in un certo senso
modellato come un paesaggio, dalle specifiche esperienze dell’individuo. Nelle
neuroscienze, definiamo “plasticità” la capacità straordinaria dell’encefalo
umano di plasmarsi. Secondo la teoria della neuroplasticità, pensare,
pianificare, imparare, agire sono tutte cose che influenzano la struttura
fisica e l’organizzazione funzionale del cervello” (pg.71). Insomma la
diatriba tra natura e cultura non si chiude a favore di una o dell’altra.
Il capitolo quinto è interamente dedicato all’apprendimento
con la dimostrazione scientifica dell’affermazione che il cervello degli
adolescenti è molto più attrezzato per l’apprendimento di altre fasi della
vita, anche perché in questa fase il cervello compie una selezione e pulizia
delle connessioni delle sinapsi rafforzando quelle più stimolate, una
operazione che il testo definisce di “pruning”. Tenendo conto del funzionamento complessivo
del cervello in questa fase gli stimoli che sono in grado di attivare
connessioni più significative sono quelle che agiscono sull’eccitazione, si aprirebbe
qui una riflessione sulle metodologie didattiche: dalla quantità alla qualità.
La teoria della plasticità se si può trasferire dall’individuo
alla società è l’elemento che a volte mi lascia un po’ perplesso sui capitoli
successivi del libro che affrontano diverse tematiche specifiche: da quella del
sonno, ai rischi, all’uso di sostanze al rapporto con il digitale e al rapporto
con la legge. Affermare che gli adolescenti hanno bisogni fisiologici diversi
mi pone il dubbio che questi bisogni siano il risultato di comportamenti
sociali diversi, sono cioè il risultato e non la causa, dopo di che si può
comunque prendere atto che questi cambiamenti sociali sono avvenuti e
attrezzarsi meglio per relazionarsi con gli adolescenti.
Nella parte dei vari capitoli in cui l’autrice fornisce
consigli ai genitori e adulti in genere su come rapportarsi agli adolescenti
nelle varie situazioni emerge la dimensione di mamma, e di una mamma americana
ritratta a volte in modo un po’ sarcastico dalla cultura “yiddish” alla Woody Allen
, un po’ ossessiva e super controllore dei propri figli con la convinzione dell’efficacia
delle prediche degli adulti.
Uno dei consigli che condivido in pieno, è quello di aiutare
gli adolescenti ad auto organizzarsi il tempo. Da insegnante delle scuole
superiori ho cercato anch’io di convincere i ragazzi in difficoltà a darsi una
organizzazione oltre il tempo scuola. I ragazzi nel pomeriggio sono spesso soli
e se non hanno una forte determinazione personale rischiano di disperdere il tempo
extrascolastico, ho suggerito a volte di costruire anche un orario del
pomeriggio, cercando di mettere dentro tutto, gli allenamenti, la serie
televisiva, il giro con gli amici e anche lo studio, un orario settimanale del
pomeriggio da appendere nella propria cameretta, anche a monito del mancato
rispetto (da “rimorso di coscienza” di cultura cattolica). Non ho mai avuto
ritorni significativi su questa mia proposta, forse un po’ troppo tayloristica
o forse puzza troppo di scuola.
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