All’inizio dell’anno è stato pubblicato il nuovo “Codice
della protezione civile” con il D.lgs. n.1 del 2 gennaio 2018. Precedentemente
il Servizio Nazionale di protezione civile era regolato dalla Legge 225 del
1992.
La legge del 1992 era stata fortemente voluta dall’On.
Zamberletti che aveva svolto il compito di Commissario Straordinario nel
Terremoto del Friuli del 1976. La legge arrivava in porto allora dopo 12 anni
di discussioni e ripensamenti e dopo che nel frattempo diverse emergenze
avevano messo in luce gravi disfunzioni nella gestione centralistica delle
emergenze. È rimasto storico l’intervento dell’allora Presidente delle
Repubblica Sandro Pertini con un messaggio alle Camere ma anche ai cittadini
tramite un intervento in televisione a seguito delle disfunzioni durante
l’emergenza del terremoto dell’Irpinia del 1980.
Un precedente fatto storico aveva segnato in modo profondo
la discussione sul tipo di organizzazione da dare alla protezione civile in
Italia: l’alluvione di Firenze del 1966. In quella occasione parecchi studenti
italiani si sono autonomamente e spontaneamente mobilitati per portare soccorso
alla città ricca di monumenti e beni culturali, furono definiti “gli angeli del
fango”. Tanta abnegazione era però priva di organizzazione e di direzione
operativa col rischio di aggravare i problemi di gestione dell’emergenza. Anche
durante il terremoto del Friuli fu significativa la presenza del volontariato nei
soccorsi, ma questa volta era più strutturato e organizzato in associazioni
come ad esempio l’Associazione Nazionale Alpini (ANA) che da allora ha
continuato con grande professionalità gli interventi in tutte le successive
emergenze.
Gli avvenimenti hanno spinto quindi il “padre della
protezione civile”, l’On. Zamberletti ha insistere e ha ottenere nella L.
225/1996 che la protezione civile in Italia fosse concepita come un servizio
pubblico e non come un corpo specifico dello Stato, con il coinvolgimento di
diversi soggetti sia gestionali che operativi. Un modello diverso sia di quello
francese, centralistico di uno specifico corpo statale che di quello tedesco
basato invece su una forte presenza di volontariato. In Italia la protezione
civile è nata e continua a essere definita nel nuovo codice come un “Sistema”
che coordina diverse competenze in caso di necessità. Un ruolo particolare è
riservato dal punto di vista gestionale ed operativo al Dipartimento Nazionale
di Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e
operativamente nel primo soccorso tecnico al Corpo Nazionale dei Vigili del
Fuoco.
Dal '92 ad oggi sono intervenute diverse modifiche sul piano
giuridico amministrativo: dal nuovo ruolo delle regioni, dei comuni e delle
province, una nuova suddivisione dei ruoli tra tecnici e politici. Anche la
gestione delle varie emergenze che si sono succedute ha messo in evidenza
criticità organizzative da affrontare in un'ottica di miglioramento. Non da
ultimo la scarsità di risorse economiche disponibili ha inciso anche sul
sistema di protezione civile.
Il nuovo Codice della protezione civile prevede uno
specifico articolo sulla partecipazione dei cittadini, l’articolo 31. Il primo
comma afferma che il Servizio nazionale promuove la crescita della resilienza
delle comunità.
Quello della resilienza è un concetto che è entrato nel
dibattito in questi ultimi anni, è un concetto derivato dalla fisica dei
materiali che descrive le capacità elastiche e di reazione dei materiali che
dovrebbe essere applicata anche alle comunità, la capacità cioè di reagire agli
eventi eccezionali assorbendo e reagendo in modo positivo. Diversamente dai
materiali rigidi (comunità poco flessibili) che superato il punto di resistenza
si rompono e non si possono reintegrare facilmente o da materiali plastici
(comunità poco strutturate) che subiscono i cambiamenti in modo permanente
senza reazione.
Al secondo comma si sottolinea la necessità di formare e
informare la popolazione sui rischi. Sempre al secondo comma si definisce però
anche un nuovo concetto: le comunità in occasione delle emergenze “hanno il
dovere di ottemperare alle disposizioni impartite dalle autorità di protezione
civile in coerenza con quanto previsto negli strumenti di pianificazione.” Per
la prima volta viene introdotto il concetto di “dovere” dei cittadini anche
durante l’emergenza e non solo quello dei diritti.
Il terzo comma chiarisce che i cittadini possono concorrere
allo svolgimento delle attività di protezione civile in due modi: aderendo alle
organizzazioni di volontariato che ne curano la formazione e l’addestramento,
ma anche negli interventi diretti “riferiti al proprio ambito personale,
famigliare o di prossimità” Quindi, se da una parte non è più tempo di “angeli
del fango”, il cittadino in caso di emergenza deve mettere in atto i
comportamenti indicati dalle autorità di protezione civile e può adoperarsi per
mettersi in sicurezza autonomamente e portare soccorso ai propri famigliare e
vicini.
Come associazione riproporremo anche questo autunno delle
attività formative rivolte a tutti i cittadini.
È inoltre utile sapere che si può consultare il Piano
d’emergenza comunale al link:
È inoltre disponibile un applicativo denominato “protezione
civile Lombardia” da installare sul proprio smartphone che permette ai
cittadini di essere informati in tempo reale sui comunicati di allertamento
emessi dalla Regione Lombardia.
In emergenza la nuova parola d’ordine dovrà essere:
“cittadini informati, comunità resiliente”.
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