Sono usciti quest’anno diversi libri, non solo in Italia,
che ricordano i cinquant’anni che ci separano dal 1968. I cambiamenti sociali
hanno però tempi più lunghi in cui si manifestano, per cui diverse situazioni
negli anni precedenti e poi negli anni successivi hanno determinato in realtà un
periodo storico di grandi innovazioni che è continuato negli anni ‘70.
Anche a Bellusco arrivano al pettine istanze di cambiamento
che coinvolgo le due strutture dei poteri forti del paese, il comune e la
parrocchia.
All’interno del comune si gioca una partita tutta interna al
la Democrazia Cristiana con una crisi che porta alla nomina a Sindaco di
Edoardo Brioschi il 25 agosto del 1966 con una giunta definita del “Nuovo
corso”, una giunta che dura in carica però solo due anni fino alle dimissioni
il 2 aprile 1968. Alle successive elezioni del 1969 vince una lista civica
chiamata il “Salvagente” composta da personalità laiche della società civile e dal
PSI, guidata dalla personalità forte del Sindaco il dott. Giancarlo Gatti.
Anche la parrocchia viene lacerata da questo scontro
politico e nel 1966 si ha la rottura tra il parroco Don Giorgio Colombo e il
coadiutore Don Luigi Tagliabue, con il trasferimento di quest’ultimo e una
spaccatura tra i parrocchiani che si dividono nelle due fazioni.
In paese era nato anche circolo delle ACLI che andava ad
intaccare l’egemonia di altre associazioni religiose. Terminano in quegli anni
diversi gruppi cattolici: i “Luigini”, la “”Scuola del SS Sacramento” e quella
di “S:Agnese”. Sono gli anni in cui si sospesero anche i carri.
Altre iniziative nascono in paese con una forte opposizione
del parroco, nel 1966 si apre a Bellusco una sezione del CAI che organizza gite
sciistiche domenicali frequentate da giovani ragazzi e ragazze, insieme, e
senza controllo, disertando l’oratorio.
Negli anni precedenti si era aperta in paese una sala
cinematografica privata: il famoso “Cinema Roma”, in concorrenza con quello
parrocchiale, e anche per il fatto che trasmetteva anche film vietati, era
spesso oggetto di strali durante le prediche domenicali. Ma lì si è potuto
vedere "In nome del Papa Re" del 1969 di Luigi Magni e "Giù la
testa" del '72 di Sergio Leone.
Personalmente ero piccolo e ho vissuto marginalmente questi
episodi specifici, ma ho vissuto direttamente un particolare osservatorio
belluschese dei cambiamenti sociali che da quegli anni si sono poi sviluppati:
l’osservatorio della “Latteria di Giannina”
La “Latteria” ha aperto nel 1963, ma i primi gruppi
giovanili cominciano a frequentarla qualche anno dopo. La prima generazione è
quella dei nati intorno alla seconda metà degli anni Quaranta e quando ha
cambiato tipo di attività era frequentata dai ragazzi nati nella prima metà
degli anni Sessanta. Vent’anni di gioventù (la “meglio gioventù” belluschese?)
è passata dal bar. Le generazioni si susseguivano e mano a mano che “mettevano
la testa a posto” lasciano il campo a quella successiva
Nel bar non si serviva vino, i super alcolici erano
utilizzati per correggere il caffè, e per la clientela di giovani e studenti
con poche disponibilità andavano alla grande la gazzosa (che poteva diventare
un cocktail con l’aggiunta dello sciroppo di menta), la spuma in diverse
varianti, le bibite più note, e d’estate il ghiacciolo.
Erano gli anni del boom economico, delle prime macchine,
anche oltre la 500, c’era la 850 e la 850 spider che andavano forte, poteva
andare bene anche una 600 ma la si poteva trasformare in stile “pop art” in un
colore originale e con decorazioni ispirate alla Andy Warhol. Poi arrivarono
anche la 124, la 128, la mini e il maggiolone.
All’inizio la presenza femminile era piuttosto
significativa, si può solo immaginare con quali conflitti e pressioni in
famiglia. Tanto che a un certo punto per creare un ambiente più libero, e anche
perché il bar, pur utilizzando la cucina privata, era comunque piccolo (tre
tavolini, il flipper e il jukebox), i ragazzi fondano una associazione il
“Pincy Club”. Chissà chi ha importato dal linguaggio comune inglese quel nome!
Affittano un piccolo capannone in disuso in centro paese e ne fanno una specie
di discoteca.
Dalla cultura anglosassone arriva soprattutto la musica
attraverso il jukebox, all’inizio sono i cantanti italiani più all’avanguardia
e i complessi. Dopo arriva anche la musica più colta inglese e americana. Ma
anche i giovani belluschesi si cimentano dando origine ad alcuni gruppi
musicali "I
plegg", “Le pagine del futuro”, "Alla corte di Enrico VIII".
Col tempo le ragazze vengono meno e l’ambiente diventa più
“machista”, le ragazze si incontrano in discoteca a Pontirolo o a Fara Gera
D’Adda, la domenica pomeriggio! La domenica sera c’è la “Domenica Sportiva” da
vedere in gruppo e accendere le discussioni sportive per tutta la settimana.
I cambiamenti di costume erano comunque sempre traumatici, i
primi capelloni, i jeans sfrangiati, i pantaloni a “zampa di elefante”, il
maxicappotto, l’eskimo…
Negli anni si era cominciato a discutere anche di politica,
riportando in paese esperienze maturate nelle scuole e nelle fabbriche,
l’opinione prevalente, o che si esponeva di più, era quella di sinistra,
sull’altro versante ci stava mio padre democristiano convinto e “fanfaniano”,
di solito le discussioni le troncava mia madre con: “Allora! Non è ora di
piantarla lì?” (in dialetto) e tutti si tornava nei ranghi. Stessa chiusura
succedeva spesso anche per le discussioni di calcio, quando sembrava di andare
oltre il consentito. Assolutamente redarguita la bestemmia.
Nel 1974 in occasione del referendum sul divorzio nasce il
CDM (coordinamento dodici maggio) che organizza una sede nella “palazzina”.
Negli anni successivi il gruppo rappresenterà l’ala più movimentista della
politica belluschese con le battaglie sui trasporti e l’autoriduzione delle
bollette del gas.
Alla fine degli anni Settanta arriva anche la crisi della
“Bloch”. I “maschi” della “Latteria “hanno avuto nel tempo rapporti
contradittori con le operaie della grande fabbrica. Nella lotta ci si butta il
primo obiettore di coscienza belluschese, il mai dimenticato Lino Menichetti
che potrebbe essere un emblema di questa storia: importante formazione
cattolica in oratorio, diplomato al liceo classico Zucchi di Monza, obiettore
di coscienza, animatore sociale (in dialetto si dice: “vuna la fa quel oltra la
pensa”), passa nel vario arcipelago delle forze politiche che allora si
definivano di estrema sinistra e poi logopedista in quel di Lerici.
Quello con la religione ha continuato ad essere un rapporto
difficile, la domenica mezzogiorno quelli che non erano andati a messa
aspettavano quelli che ci erano andati per farsi dire qual era stato il
vangelo, cosa aveva detto il prete alla predica, in modo da poter sostenere il
probabile interrogatorio materno al pranzo domenicale tutti vestiti della
festa.
Gli aneddoti sono ovviamente tantissimi, e sono degni di
alcuni “film panettoni” che raccontano quegli anni. Difficili anche tenerli
segreti. Quando uno cominciava dicendo “Eh … non sono cose che si possono dire”
dopo qualche ora si sapeva quasi tutto e a volte anche di più.
Qualcuno ha
anche tentato l‘avventura “on the road” e la fuga dal paese che sembrava troppo
provinciale. A qualcuno è andata bene ad altri meno.
Erano anni in cui c’era spazio per una grande creatività,
dove l’assenza di regole precise o la voglia di trasgredirle perché ritenute
vecchie dava la possibilità di inventarsi cose. Solo per ricordarne alcune, si
sono improvvisati: una ciclistica a cronometro, senza bici da corsa, lungo via
Bergamo, provinciale, via Milano via Castello, un torneo di calcio in 24 ore,
un incontro di calcio in Germania, tornei di ping pon (uso sala autoscuola
Dossena), tornei di scacchi, di “cutec” ….
Qualche partita di calcio improvvisata d’estate dopo
mezzanotte sull’incrocio via Suardo, via Bergamo via Roma arrivava al limite
del “disturbo della quiete pubblica” oppure dava il via all’applicazione di una
forma di democrazia diretta quando il Sindaco si affacciava al balcone della
propria casa per rimproverare i ragazzi e partiva uno “scambio di opinioni” sulle
promesse elettorali più o meno mantenute.
Insomma, c’è stato un ’68, di paese.
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