Ricordi belluschesi 11
IL MITO IBM NEL VIMERCATESE
Qualche giorno fa si è ritornare a parlare di una possibile soluzione per l’ex stabilimento IBM di Vimercate, impegnato in altro, non ho avuto subito tempo di andare a riprendere delle analisi che avevo fatto ai tempi della tesi di laurea (sic!) sul caso IBM, il suo tipo di insediamento nel paesaggio e nel contesto sociale. Il pezzo in questione poi non era stato utilizzato allora, ma il relatore mi disse, tieni da parte, non si butta niente. Sono andato a rispolverare le carte e ve le ripropongo. Lo studio era basato principalmente su due testi, uno di Henry Bakis dell’università di Grenoble, tradotto in italiano nel 1982: “IBM una multinazionale regionale” e un altro pubblicato dalle edizioni Sapere nel 1978 con un titolo che mette un po’ i brividi per i termini usati “IBM capitale imperialistico e proletariato moderno” (che anni!).
Bakins analizza le modificazioni del territorio, oltre che economiche e sociali, che hanno prodotto gli insediamenti IBM individuando tre diversi periodi, quello vimercatese del 1966 è il terzo, definito di decentralizzazione, con lo spostamento in un territorio extraurbano non solo delle attività produttive ma anche di quelle decisionali e commerciali.
Citando:” In generale risulta che gli stabilimenti sono installati in ambienti naturali di un certo interesse e su spazi comprendenti estesi parcheggi. Questi complessi sono relativamente distanti dai centri cittadini […] L’insediamento nelle zone industriali è di solito esclusa. La relativa lontananza degli stabilimenti presuppone che il personale faccia largo uso della propria auto”.
L’isolamento è la prima caratteristica proprio per distinguere anche spazialmente i propri lavoratori dagli altri, l’idea è che i dipendenti possano sentirsi diversi: una élite e questo si esprime anche sul territorio.
“E’ interessante notare che tra i dipendenti delle filiali la propensione all’acquisto delle abitazione è molto alta, superando in alcuni casi anche l’80%” L’IBM favorisce in effetti questo tipo di investimento accordando prestiti a tassi particolarmente vantaggiosi con rimborso effettuato direttamente sullo stipendio, con tassi al 3% quando sul mercato viaggiavano a doppia cifra. L’acquisto della casa individuale con tipologia prevalente monofamiliare o a schiera, da una parte consolida la permanenza sul territorio, dall’altra offre l’illusione di una dimensione individualista e non massificante come potevano essere i casi storici di paternalismo industriale. Si pensi a Crespi d’Adda. In pratica a Oreno e nel vimercatese si generano dei “villaggi IBM” apparentemente senza esserlo. Altre politiche di gestione del personale vanno da un apparente maggior coinvolgimento del personale nelle scelte di programmazione, anche individuale, fino ad un welfare molto alto rispetto al resto del contesto sociale, tipo il completo rimborso di tutte le spese sanitarie private, dal dentista all’ottico e ad una serie di agevolazioni che abbiamo poi imparato a chiamare benefit ma che allora erano sconosciute al nostro contesto sociale. Sempre Bakins: “le iniziative IBM mirano a spingere l’integrazione dei dipendenti fino a farli identificare con l’impresa stessa. Esse configurano un neo-paternalismo originale, scientifico potremmo dire, la cui efficacia è accresciuta dalla selezione operata al momento dell’assunzione. Da tutto ciò risulta uno spirito IBM così profondamente alienante che molto di rado i dipendenti restano nella ditta se non riescono ad adattarsi totalmente ad essa”.
Anche per i belluschesi in quelli anni trovare posto all’IBM era un mito, una aspirazione fortissima, altro che alienazione. In quegli anni mi è capitato di fare la mia prima esperienza di insegnamento alla medie di Oreno e mi ricordo che nella riunione di fine anno, nel presentare le problematiche dell’anno successivo la preside, conosciuta poi anche dai belluschesi per “parlare chiaro”, elencava tra le problematicità per l’anno successivo anche un certo numero di “figli IBM” stupito chiesi perché fossero un problema e la preside mi disse che erano bambini diversi, alcuni avevano già vissuto per periodi all’esterno, estranei al contesto territoriale, insomma un problema.
Anche questo è un pezzo della nostra storia. Ripensare al riutilizzo di quell’area forse non è così facile.
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